Sanctum 3D PDF 
Gianmarco Zanrè   

Non è la prima volta che una pellicola mediocre cerca la salvezza, e il respiro al botteghino, in una campagna pubblicitaria ingannevole, e, con ogni probabilità, non sarà l’ultima. Eppure Sanctum, film certamente trascurabile, risulta essere un’ottima lezione a proposito dell’utilizzo dei mezzi di marketing per arginare tutte le lacune artistiche del lavoro portato in sala: presentato quasi fosse un sequel di Avatar e come un’opera plasmata dalle abili mani di James Cameron – presente, al contrario, soltanto in veste di produttore –, della poetica e tecnica del regista premio Oscar non conserva nulla, confidando invece negli effetti della visione in 3D per far presa sul pubblico.

Una trama scontata e resa ancora più insignificante da un approccio simile a quello dei peggiori survival horror, che vorrebbe replicare il processo di disumanizzazione dei protagonisti messi alle strette dalla Natura come fu per l’ottimo The Descent, senza, purtroppo, raggiungere neppure lontanamente gli stessi risultati. Personaggi senza spessore costruiti attorno ai cliché più visti della conflittualità tra padri e figli e un ritmo che fatica a decollare, nonostante un minutaggio certo non titanico e l’azione a farla da padrona. Ai difetti tecnici e strutturali (il montaggio è dilettantesco) si aggiungano la totale assenza di empatia  fra spettatore e personaggi e numerose lacune logiche nella struttura del racconto, che a poco paiono utili se non a ricordare, per l’appunto, i limiti di molte pellicole horror. Lo stesso spunto di riflessione che, sulla carta, avrebbe aiutato la pellicola a conquistare credibilità, il rapporto conflittuale tra Frank e Josh, protagonisti quasi assoluti dell’evoluzione della trama, risulta banale e poco incisivo, al contrario di pellicole, più o meno recenti (vedi Clint Eastwood) legate alle dinamiche relazionali tra padre e figlio. La rivalità divenuta sostegno, filtrata attraverso una sorta di conclusiva redenzione di Frank rispetto all’istinto e alle scelte del giovane Josh, appare prevedibile fin dal principio, e mai davvero coinvolgente. Il rapporto tra Uomo e Natura, altro aspetto fondamentale nell’economia del racconto, cerca una dimensione che guarda ad Herzog senza poter anche solo immaginare di averne lo spessore: la “crudeltà” del complesso di caverne in cui i protagonisti rimangono imprigionati e la piccolezza dell’uomo – specie pensando all’escalation di egoismi – di fronte alla volontà di trovare una via di fuga risultano pervasi più da elementi “soapoperistici” che non dalla volontà di stimolare riflessioni chirurgiche sulla natura del mondo stesso.

Un tentativo, tendenzialmente goffo dunque, di portare le atmosfere dell’horror ad una dimensione più realistica e umana avvalendosi di una tecnologia che ormai permette a qualsiasi regista, anche al meno abile, di costruire scenari in grado, almeno potenzialmente, di stupire e fornire un alibi alle regole del botteghino, spesso dettate da calcoli che non prevedono nelle loro equazioni la presenza della qualità. È il caso di Sanctum, che pur non replicando gli orrori di altri recenti blockbuster – si veda, in proposito, il pessimo Skyline –, ha tutte le carte in regola per finire presto nel dimenticatoio. Passati i tempi della sala (brevi) e prima e del noleggio (ancora più contenuti), di questa avventura già vista e sentita non resterà altro che un vago ricordo: e a nulla saranno serviti tutti gli interventi di marketing per renderla parte della filmografia d’autore di James Cameron.

TITOLO ORIGINALE: Sanctum; REGIA: Alister Grierson; SCENEGGIATURA: John Garvin, Andrew Wight; FOTOGRAFIA: Jules O'Loughlin; MONTAGGIO: Mark Warner; MUSICA: David Hirschfelder; PRODUZIONE: USA; ANNO: 2010; DURATA: 109 min.

 


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