Il titolo di questo articolo potrebbe essere anche L'uomo che amava le donne. Nel senso che Carlo Verdone, come pochi altri, sa scegliere e valorizzare le sue partner sul grande schermo. In questo ultimo film, la sola presenza di Laura Morante fa già intuire lo spostamento verso un tipo di cinema più adulto, per stile e tematiche trattate. Verdone è regista attento alle nuove tendenze e qui sembra muoversi nella direzione di Muccino e di chi ha deciso in questi anni di rappresentare la crisi e la dissoluzione della famiglia borghese, e della coppia in genere. Oltre alla Morante, moglie in crisi in Ricordati di me di Muccino, un altro indizio è la presenza di Stefania Rocca, già alle prese con le difficoltà della prima storia seria nel sottovalutato Casomai di D'Alatri.
Carlo Verdone è Gilberto Mercuri, ottico alle prese con un matrimonio ventennale e alla ricerca di nuove emozioni. Lo troviamo così alle prese con una serata di "speed-date" (alla lettera "appuntamento veloce"), un modo per fare nuove "amicizie", parlando con una ragazza per tre minuti. Per colpa di una ragazza sparita, entrano in scena i carabinieri. Tiziana (Morante), la moglie di Gilberto, viene così a saperlo e lo caccia di casa. Questa crisi coniugale scatena una serie di reazioni a catena tra amici e conoscenti della coppia.
In forma di commedia, Verdone si interroga su temi come la durata dell'amore e della passione, il calo del desiderio, l'attualità di istituzioni come la famiglia e il matrimonio. Interrogativi eterni, e senza risposta; Verdone ci dà il suo punto di vista: ascoltate la teoria degli istrici…
Se non una svolta netta, questo film è senz'altro un ulteriore passo avanti verso la maturità di Verdone, autore diviso per tutti gli anni Novanta tra la voglia di un cinema più sofisticato e la paura di discostarsi troppo dal suo stile classico e di perdere, quindi, il suo pubblico. Scritto, benissimo, insieme a Francesca Marciano e Pasquale Plastino, autori dei suoi film migliori (Maledetto il giorno che t'ho incontrato, tra gli altri), L'amore è eterno finché dura presenta alcune novità. Innanzitutto personaggi dalla psicologia più approfondita: il Gilberto di Verdone non è il solito personaggio timido, o ansioso, o represso dei suoi film precedenti, e non è neanche un personaggio completamente positivo e simpatico. È un personaggio "a tutto tondo", un uomo che commette errori, e perché no, ha qualche momento di cattiveria, un uomo coi suoi pregi e i suoi difetti.
Inoltre L'amore è eterno finché dura è un film corale, certo meno del precedente Ma che colpa abbiamo noi, ma comunque incentrato su più personaggi: per una volta la famiglia non fa solamente da sfondo alla vicenda di un Verdone protagonista, ma è al centro della trama (ben scritto il personaggio della Morante, meno quello della figlia), e vengono seguite anche le storie di alcuni amici, intrecciate a quella principale.
Certo, anche qui si ride, ma per la prima volta ci si accorge che il tema è tremendamente serio. Le risate, infatti, vengono da qualche momento messo qua e là a sdrammatizzare la storia, o comunque dai tempi di recitazione che movimentano alcune liti (scoppiettanti i duetti tra Verdone e la Morante). Rispetto al film precedente Verdone muove di meno la macchina da presa, ma di più gli attori, tutti piuttosto bravi anche nei ruoli minori (tra tutti la donna misteriosa, Gabriella Pession).
Si è già detto della sceneggiatura, con personaggi disegnati con accortezza e calati nella realtà, ma la confezione è accuratissima in tutti i suoi aspetti, dalle scenografie ai costumi, dalla fotografia alla musica, per un prodotto dalla qualità più elevata rispetto alla media della commedia italiana.
Senza scomodare Schnitzler e il suo Girotondo, la storia può essere definita una sorta di "ronda amorosa" e ricorda quella di alcuni film di Woody Allen (Provaci ancora Sam, Io e Annie, Manhattan), quelli in cui il personaggio, dopo essere uscito da una storia, cominciava a frequentare le donne più improbabili, fino ad innamorarsi del soggetto più impensato, provocando equivoci ed intrecci tra le coppie di amici.
Ma se Allen condiva le vicende con i suoi monologhi e le sue battute tipiche, Verdone riconduce comunque la storia alla sua comicità, affinando ulteriormente le sue capacità attoriali, fatte di tempi comici perfetti, e di una mimica facciale sempre più interessante e densa di sfumature, tesa a rappresentare con efficacia tic nervosi, imbarazzi, insicurezze.
E seppur in una veste rinnovata c'è pur sempre molto Verdone in questo film, e chi lo ama non potrà non notarlo: dalla sua ipocondria (da antologia una notte d'amore che si trasforma in autodiagnosi) di Maledetto il giorno che t'ho incontrato, alla sua passione per il rock d'annata, che proprio in quel film traspariva (qui si sentono Joe Cocker e i Canned Heat), a coatte che lo "vojjono fa' strano".
Un po' di cattiveria in più fa bene a Verdone, che potrebbe andare ancora oltre nei suoi prossimi film: tra i suoi sogni c'è quello di interpretare il personaggio di Iago in Otello, o il protagonista de Il giocatore di Dostoevskij. A chi lo ama, e sa quanto è bravo, piacerebbe proprio vederlo.
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