La famiglia Savage PDF 
Chiara Federico   

ImageAl confine tra “umanismo” e natura, i Savage - professore e drammaturgo lui, lavoratrice temporanea e aspirante drammaturga lei - sono due fratelli che non si vedono mai. Diversissimi ma simili, saranno entrambi trascinati l'uno di fronte all'altra da odori di formalina e disavventure pre-funeree. Tamara Jenkins li coglie entrambi nella loro cornice da costa atlantica: ognuno convive con le proprie aspirazioni intellettuali, diversamente frustrate, nella casa-gattabuia cittadina, tra libri, polvere e sporadiche frequenze umane o animali. Jon è un Seymour Hoffman serioso, dalla gelida imponenza, che tentenna di fronte alle attenzioni della sua fidanzata in partenza, mentre Wendy è Laura Linney, trasandata, dalla vitalità adolescenziale ma ansiosa, insicura, affezionata a un uomo che non ama. A poco a poco la vicinanza con la natura “selvaggia” del loro nome si ricompatta nella figura del padre-belva, ora affetto da demenza senile. Colui che li ha lasciati a sé stessi ora è a sua volta “abbandonato” dai figli della ex compagna, e si frammenta in pezzi di ricordi e ricongiunzioni filmiche, ma soprattutto in drammatici frammenti escatologici. Il viaggio verso un’Arizona sudata e quello di ritorno, nella Buffalo delle case di riposo fintamente diverse, preannunciano una tristezza capace di trapassare i corpi, netta eppure inclinata in momenti ilari. Un’ilarità mesta, non ricercata ossessivamente, in paesaggi abbracciati da patine sgranate che fanno assaporare a chi guarda quella incompletezza umana devastata, inficiata dal tema della morte incombente ma ancora vitale. L’insoddisfazione dei due protagonisti si ricongiunge nella convivenza forzata e in scoppi d’ira liberatoria, tra angoli di passato, l’assenza-protagonismo del padre e gentili comprimarietà: il giovane assistente della casa di riposo, gli occhi umidi e il calore degli animali.

Una sorta di happy ending modula le frequenze del “teatro dell’assurdo” di cui, per non pura coincidenza, si occupano i due fratelli. Un assurdo realistico (citato nel realismo magico dallo stesso Jon e dall’opera di Wendy), che non si perde nel grottesco e non teme di piangere. Con lacrime naturali.

 

TITOLO ORIGINALE: The Savages; REGIA: Tamara Jenkins; SCENEGGIATURA: Tamara Jenkins; FOTOGRAFIA: W. Mott Hupfel III; MONTAGGIO: Brian A. Kates; MUSICA: Stephen Trask; PRODUZIONE: USA; ANNO: 2007; DURATA: 113 min.

 


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