Schermi d'Amore n° 13/Panoramica PDF 
Michele Segala   

L’edizione 2009 del festival del cinema di Verona ha più di una chance di essere ricordata per un motivo apparentemente veniale (ma purtroppo non si è mai veniali quando si parla di denaro), ovvero per il taglio del budget caduto sulla testa dell’organizzazione. Motivo per cui molte delle scelte sono state tanto ovvie quanto forzate. La prima ha riguardato il “ripiegare” sulla sala del cinema Kappadue rinunciando alla gloriosa sala del Filarmonico, guadagnandoci in alcuni posti e in tecnologie più adeguate – e risparmiando qualche migliaio di euro d’affitto –, ma di certo perdendoci in visibilità e trovandosi la sala scelta per l’edizione numero 13 in posizione esterna al centro storico, come normalmente inteso dai veronesi, e quindi anche fuori dal libero circolare di curiosi e turisti. Una seconda, ben più dura, è stato il taglio (vocabolo questo molto in voga quando si parla di Cultura in Italia) della durata del festival da 10 a 6 giorni. La terza e ultima (ma forse la più dura in termini di credibilità) è costata l’eliminazione…beh, della giuria. Il festival c’è stato, c’è stato il concorso (con i soliti dieci titoli presenti), ma non c’era nessuna giuria a premiarli. Il premio al vincitore è stato quindi assegnato da una giuria popolare (ogni spettatore aveva diritto ad esprimere il proprio voto con un giudizio che andava – molto ottimisticamente – da sufficiente ad eccellente), seguito poi dal consueto premio della giuria giovani.

La storia di ogni piccolo festival, si sa, sta tutta nel saper vivere e talvolta sopravvivere con la presenza di (molti) altri festival ben più grandi, e quindi maggiormente in grado di attirare distributori, sponsor, e stampa. Non vi è in questo senso alcun dubbio che le scelte di Palazzo Barbieri (più che dal direttore) siano state prese da un lato pensando alle tasche della città, e dall’altro a questa difficoltà intrinseca ai piccoli festival. E quindi rammaricandosene, magari convincendosi di non poter reggere di questi tempi. Quello che però può seriamente infastidire è notare come, seppure nelle passate edizioni Schermi d’Amore di certo non godesse di un budget che le permettesse di rivaleggiare con Roma, Venezia, ma neanche con Torino, Verona e il suo festival fossero sempre riusciti a non apparire mai provinciali: merito spesso di interessanti monografie (di nomi più o meno conosciuti, più o meno grandi del cinema, come è giusto fare in un festival, e come Torino fa molto bene ad esempio), ma anche merito di ospiti di un certo richiamo, di qualche anteprima ficcante, e di una cornice ed un’organizzazione più che adeguate. Compito purtroppo fallito quest’anno, complice o meglio artefice l’imposizione di Palazzo Barbieri di tagliare tutto il tagliabile: l’unica ospite è stata Isabel Coixet, a cui è andato l’annuale premio alla carriera (che ogni anno viene donato ad una figura importante del cinema europeo), e verrebbe spontaneo chiedersi a questo punto “a chi se non a lei?”, essendo la regista spagnola l’unica ospite dell’intero festival. Si potrebbe dire ugualmente delle difficoltà di gestire nella striminzita hall del cinema Kappadue il pubblico numeroso delle proiezioni del weekend: una sola persona addetta a biglietti e abbonamenti inevitabilmente causa malcontenti e lunghe code. Si potrebbe magari proseguire, perchè le colpe della politica hanno avuto non poche ricadute sulla credibilità del festival, ma è facile immaginare ormai, a festival concluso, che gli stessi che hanno creduto così poco nel festival (di fatto mettendo in dubbio la possibilità della sua realizzazione fino a poche settimane dal periodo preposto ad esso) stiano ora complimentandosi per i felici esiti di quest’edizione (il pubblico veronese ha retto in numeri, dimostrando così di amare e credere in Schermi d’Amore molto più di quanto non faccia la propria rappresentanza politica), invece di rendersi conto dell’occasione persa: in una città a vocazione turistica cercare di non perdere la faccia dovrebbe voler dire qualcosa.

Ma di quest’edizione – detto chi ne è uscito come perdente – i vincitori sono due: da una parte il già menzionato pubblico, e dall’altra il direttore e i suoi collaboratori, artefici di scelte artistiche senza dubbio azzeccate: innanzitutto la retrospettiva alla piccola grande stella Coixet, col suo cinema tutto di cuore (e quindi in perfetta armonia con questo festival), e poi i dieci film in concorso, tanto più che di certo le opzioni non devono essere state molte (che tradotto significa: poco denaro per visionare i film degli altri festival), ma che sono stati persino, o almeno a parere di chi scrive, scelte anche più felici che in edizioni precedenti: seppure i titoli presenti non contenessero nomi noti ai più, si sono dimostrati spesso opere di un valore più che dignitoso (e rivelando qua e là più di una sorpresa). Ciò detto, ha poco senso ormai riportare quali siano i premi assegnati quest’anno, ne ha invece di più invitare chi non ne avesse avuto modo di partecipare a Schermi d’Amore 2009 a recuperare la filmografia di Isabel Coixet, che tanto ha brillato in questi (soli) sei giorni di rassegna, e magari cercare anche di reperire qualche titolo apparso in "Concorso" o nella sezione "Panorama" (la sezione pot–pourri che mette assieme anteprime, film cult restaurati, e quant’altro), e magari, dovendo scegliere di partire da un titolo, farlo con L’empreinte de l’ange, secondo lungometraggio della francese Safy Nebbou e thriller dal sapore vagamente chabroliano con due splendide Sandrine Bonnaire e Catherine Frot.

 


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