Last Night PDF 
Eva Maria Ricciuti   

Joanna e Michael sono giovani ma non troppo, benestanti ma non troppo, belli ma non troppo, felici ma non troppo, innamorati ma non troppo. E sono sposati. Joanna e Michael sono l’immagine edulcorata, un po’ asettica a dir la verità, della coppia moderna: libera ma non troppo. Liberi di vivere le proprie vite autonomamente, di custodire segreti inconfessabili, capaci di guardarsi negli occhi e giurare l’inesistenza di passioni domate e di istinti indomabili, terribilmente incapaci di comunicare. Tra di loro: Laura, affascinante e sessualmente disinibita (la rossa e succosa mela del peccato, l’istinto indomabile di Michael) e Alex, amore impossibile e mai dimenticato (il segreto inconfessabile di Joanna). Inevitabile: la crisi. Elemento scatenante: il ritrovarsi forzatamente separati per un giorno e una notte, l’incontro/scontro con l’oggetto del desiderio, il cedimento incondizionato.

Joanna e Michael sembrano l’involuzione moderna dei kubrickiani Bill e Alice, già protagonisti di Eyes Wide Shut, ma non ne posseggono né lo charme, né la potenza trasgressiva, né la raffinata sensualità. Di più, l’intera opera prima di Massy Tadjedin sembra un omaggio al cinema kubrickiano ma, ahinoi, non ne possiede lo spessore. Esistono molti modi di raccontare l’amore, e uno di questi è il racconto del tradimento: Last Night sceglie questa via. Ma se nulla di nuovo questa pellicola dimostra nei confronti di un tema già ampliamente trattato, forse persino abusato, offrendoci un esordio corretto e stilisticamente pulito ma privo di personalità, gran merito va invece conferito ai quattro interpreti. Keira Knightley offre il suo viso pulito e il fascino spigoloso e sofisticato alla scrittrice Joanna, regalandole uno spessore psicologico fatto di piccoli gesti, di fremiti di labbra e unghie rosicchiate, sigarette fumate nervosamente e silenzi irrequieti. Sam Worthington, messa da parte la fisicità prorompente di Avatar, si dimostra sottile nel tratteggiare il personaggio di Michael, uomo felice che si professa fedele ma che, tentato dalla avvenente collega, per abbandonarsi al tradimento sceglie l’oblio dell’alcool e lentamente lascia cadere i freni inibitori. Guillaume Canet è semplicemente disarmante, perfetto nel ruolo di Alex: l’amore straniero e impossibile ma mai dimenticato da Joanna, vivo e presente ben oltre la prossimità fisica. La complicità tra i due si svela in uno sguardo, in un sorriso, in una comunione di anime che è ben più di un tradimento fisico. Che è affinità elettiva. Ed infine una superba Eva Mendes è Laura. Fine tentatrice, ipnotica, sensuale, perfetta nello sfiorare forse casualmente, forse no, le spalle di uno smarrito Michael. Tentatrice che si fa tentazione, cacciatrice che si finge esca e cattura la sua preda, ma non per capriccio.

Tra fiumi di alcool, sigarette, feste e piscine, la trama scorre pigra, raccontando in sequenze giustapposte e parallele la notte dei due coniugi, soffermandosi su dialoghi un po’ didascalici e immagini consuete e già viste in un copione che sembra un collage visivo della New York cinematografica e del cliché del tradimento coniugale. Il loft moderno, arredato con gusto e intellettualmente disordinato, il taxi chiamato al volo, la festa in cui colleghi e amici si fondono in un tutt’uno, la terrazza sulle luci della città, il ristorante italiano, il locale ultra-chic, la hall dell’albergo, l’ultimo drink, e via dicendo, in un turbinio di luoghi e situazioni già visti, già vissuti. Lei che uscendo con il marito si prepara frettolosamente indossando maglione e pantaloni e ultimando il trucco in macchina, mentre per vedere la vecchia fiamma meticolosamente utilizza tutti gli accessori della sua trousse, calza sandali con tacco 12 e indossa un leggero abito di seta. Lui che nega l’attrazione per la stupenda collega e le fissa il fondoschiena tornito, sposato con una donna dalla figura snella ed elegante ma attratto dalle forme latine della prorompente Laura. Sembra quasi di sfogliare un catalogo del luogo comune.

E neppure si può dire che la messa in scena offra un punto di vista nuovo, che il mezzo cinematografico sia utilizzato in modo personale, che si possa individuare una cifra stilistica che caratterizzi questa pellicola, perché tutto risulta assolutamente corretto, ben fatto ma privo di personalità. Eppure, nonostante tutto, Last Night possiede qualcosa di perversamente attraente, un certo non so che, forse una promessa di talento, un mistero che speriamo possa svelarsi nei prossimi lavori di Massy Tadjedin.

TITOLO ORIGINALE: Last Night; REGIA: Massy Tadjedin; SCENEGGIATURA: Massy Tadjedin; FOTOGRAFIA: Peter Deming; MONTAGGIO: Susan E. Morse; MUSICA: Clint Mansell; PRODUZIONE: USA; ANNO: 2010; DURATA: 92 min.

 


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