Future Film Festival 2005: Welcome to a new digital world PDF 
di Francesca Druidi   

La settima edizione del Future Film Festival ha regalato una panoramica approfondita ed eterogenea sui progressi compiuti dalle nuove tecnologie digitali applicate all'animazione e alla cinematografia di tutto il mondo, con uno sguardo privilegiato allo scenario orientale.

L'integrazione filmica di attori reali con personaggi creati digitalmente attraverso la motion capture, ha modificato in maniera irreversibile il concetto di recitazione, con risultati più o meno sorprendenti, e più o meno riusciti, dal Gollum/Andy Serkis della trilogia jacksoniana alla creatura di Io, robot di Alex Proyas. L'esasperazione di questo procedimento non solo ha condotto all'emotion capture permeante di Polar Express, ma ha innescato il passo successivo: l'inserimento di attori e character digitali in set e décor realizzati completamente in 3D. Emblematico è il caso di Immortal ad vitam, in cui le tecnologie si sono rese necessarie per tradurre la New York del 2095 e l'universo di riferimento del suo regista, Enki Bilal, artista fumettista serbo-francese al quale il Festival ha reso omaggio (sono stati infatti presentati gli altri suoi lavori, Bunker Palace Hotel e Tykho Moon). Gli effetti visivi, i modelli CGI (computer graphic images), il rendering (software che garantisce al disegno 2D la profondità di campo di un'immagine in 3D con luci e ombre) e il compositing di Immortal sono opera della Duran Duboi, studio francese responsabile dei videoclip musicali diretti da Michel Gondry (Eternal Sunshine of the Spotless Mind, Se mi lasci ti cancello) che dal 1991 è in prima fila nello sviluppo del digitale nel cinema (da non dimenticare i film di Jean-Pierre Jeunet, da Alien 4 all'ultimo Una lunga domenica di passioni).

L'uniformità e l'internazionalizzazione che caratterizzano le modalità estetiche offerte dalla computer grafica 3D rendono - di fatto - decisiva la diversificazione a livello dei contenuti. Se dalla manifestazione è emersa un'esigenza, è proprio l'affermazione della supremazia delle idee sulle tecnologie, le quali rappresentano uno strumento flessibile e malleabile, ma funzionale alla narrazione. Sono, infatti, i differenti background, le diverse storie degli autori e dei registi a determinare la riuscita complessiva del discorso filmico, qualsiasi testo audiovisivo si scelga di prendere in considerazione: cortometraggi animati, videogiochi, anime, film d'animazione o in live action.

Arricchenti si sono rivelati gli incontri con i cartoonist e con i principali studi di animazione americani che hanno costellato l'evento. Genndy Tartakovsky, creatore di Dexter's Laboratory e Samurai Jack, ha raccontato di aver plasmato i suoi personaggi riversandovi tutta la passione per i cartoni animati, per Tex Avery e per il cinema in toto, ispirandosi alla commedia slapstick e alle pellicole di Jacques Tati. L'ideazione grafica non può, infatti, prescindere dal processo concettuale di sviluppo del personaggio; nel corso - ad esempio - di una serie televisiva, i due procedimenti necessariamente interagiscono per far maturare i protagonisti, offrendo un intrattenimento il più possibile dinamico e originale.

Dalle parole di Angus Mac Lane, uno degli animatori più importanti della Pixar Animation Studio, veniamo a conoscenza di quanto Gli Incredibili siano permeati dalla personalità di Brad Bird, regista e sceneggiatore del film, che vi ha profuso la sua fascinazione per i robot (già evidente nel precedente Il gigante di ferro) e la sua carica ironica, lontana dalle pretese di fotorealismo. Sintetizzare, "cartoonizzare" le storie e i protagonisti sembra essere la chiave giusta dell'animazione al computer.

La scelta della Dreamworks/PDI di antropomorfizzare in Shark Tale gli abitanti della barriera corallina, facendo loro assumere le sembianze e le caratteristiche definitorie dei loro doppiatori nella versione originale, esemplifica invece un'ulteriore tendenza: l'attenzione dello studio è maggiormente concentrata sul versante recitativo piuttosto che sulla ricostruzione di un universo immaginifico, sdoganato da ancore con il mondo reale. L'ambientazione subacquea di Shark Tale ripropone, infatti, gli stilemi della metropoli per eccellenza, New York, nella quale le invenzioni visive riflettono stili di vita, vizi e debolezze prettamente umani (la smania consumistica, le cosche mafiose, l'arrivismo e la ricerca di una propria identità). Oscar, il pesce protagonista, è costruito sulla base dei fermenti della cultura hip-pop di cui Will Smith, il suo doppiatore, è di sicuro un'icona (e la presenza diegetica, al termine della pellicola, di Christina Aguilera e Missy Elliott in versione cartoon conferma la decisione di ammiccare - anche con la colonna sonora - ad un target di pubblico più smaliziato). Il risultato è quindi un prodotto divertente, ma fine a se stesso, distante anni luce dalla poetica della Pixar. Restano, comunque, esilaranti alcune interpretazioni che inevitabilmente scompariranno nella versione italiana: Martin Scorsese dà voce a Sykes, ambiguo consulente di don Leno (Robert De Niro) e di Oscar, mentre Jack Black doppia Lenny, lo squalo vegetariano che tenta di sfuggire al suo destino carnivoro-mafioso travestendosi da delfino.

In totale contrapposizione alla pellicola di Dreamworks, s'impone un piccolo gioiello che proviene dal nord Europa, in particolare dalla Danimarca, finanziato da Bald Film e dalla Zentropa Entertainment ApS. Contraddistinto da un canovaccio archetipico, imbevuto della letteratura di Hans-Christian Andersen e delle tragedie shakespeariane, Strings è un film intenso ed emozionante, impreziosito dall'uso di marionette di legno. L'aspetto suggestivo della pellicola è la realizzazione composita di queste marionette, animate dal master puppets Bernd Ogodnik e costruite ognuna con materiali diversi, in modo da rendere unico e inimitabile ogni singolo personaggio. La storia di Strings muove dal suicidio del re di Hebalon che, tormentato dal rimorso di aver perseguito e fomentato la guerra millenaria contro il popolo Zerith, consegna al figlio Hal Tara il compito di ripristinare la pace. Ma il testamento è intercettato dal crudele fratello del re, che spaccia il gesto del sovrano per un omicidio di marca nemica. Assetato di vendetta, Hal scoprirà invece la verità che si cela dietro il sanguinario conflitto, sperimentando in prima persona la potenza dell'amore, del tradimento e del dolore. Strings si colora di suggestioni simboliche, scaturite dalla consapevolezza dei personaggi di essere marionette, i cui destini sono sostenuti da fili - le strings del titolo - che s'innalzano oltre l'orizzonte visibile del cielo. Calato in atmosfere gotiche e impressioniste, il film diretto da Anders Rønnow Klarlund anima un mondo alternativo e stimolante, nel quale le corde vitali dei personaggi riflettono gli stretti legami che s'instaurano tra i protagonisti: legami di odio, di potere, di ossessione e di paura, di pietà e di amore, che riecheggiano a lungo anche dopo la visione.

Grandi emozioni anche per Steamboy di Katsushiro Otomo e Il castello errante di Howl di Hayao Miyazaki, due opere visionarie e grandiose non solo per la resa estetica, ma anche per la rievocazione di temi universali e affascinanti. Steamboy è un titanico esempio di steampunk - fantascienza di natura proto-industriale - la cui combinazione di disegni 2D, tecniche digitali ed effetti speciali asseconda la figurativizzazione del vapore, vero motore propulsivo del film, che diventa metafora dell'utopia scientifica e dello slancio innovatore. Attraverso la saga generazionale della famiglia Steam, composta da geniali inventori, assistiamo al lancinante scontro tra una scienza pura e benefica e una tecnologia asservita al potere belligerante degli eserciti e dei governi del mondo. Guerra che segna anche l'ultimo capolavoro del maestro Miyazaki, il quale, nel suo Il castello errante di Howl, allestisce una messa in scena imponente (realizzazione dello studio Ghibli), contaminata dalla scrittura inglese di Dyane Winne Jones, autrice del romanzo da cui è tratto il film, dall'immaginario cinematografico e favolistico mondiale (lo spaventapasseri Rapa non può che ricordare Il Mago di Oz di Victor Fleming) e da una sensibilità tutta nipponica, evidente soprattutto nel trattamento - quasi apocalittico - dell'ottusità delle battaglie condotte dagli umani. Tra demoni e streghe, maghi e regine, Il castello errante di Howl ritrae - grazie alla sua protagonista Sophie, diciottenne trasformata in ottantenne - la condizione della vecchiaia e l'illusione dell'apparenza (nulla appare com'è veramente), celebrando al contempo la forza salvifica dell'amore che non conosce età o limite di sorta.

 


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