Ai confini della realtà PDF 
Marco Doddis   

È notte fonda. Un’automobile sfreccia su strade deserte con due bizzarri personaggi a bordo. Il loro mangianastri, scatenato sulle note di The Midnight Special, va in tilt improvvisamente. Musica finita e noia in agguato, a meno che non si escogiti un altro passatempo: provare a indovinare le sigle delle serie televisive può essere un’idea perfetta per due brillanti teledipendenti. Caso vuole che si finisca a ricordare la serie The Twilight Zone e a omaggiare i sottili brividi che gli episodi sapevano regalare. Il povero conducente mai si aspetterebbe che il suo passeggero (amico? conoscente? autostoppista sconosciuto?) sia in realtà un orrido mostro, che aspetta solo il momento giusto per svelarsi e avventarsi su di lui.

Questa breve storiella non è altro che il prologo di un film a episodi, che si rifà esplicitamente a quel The Twilight Zone citato dai due personaggi. Senza accorgersene, lo spettatore si trova già ai confini della realtà, grazie a un efficace meccanismo narrativo per cui ciò che si racconta è, a sorpresa, parte di quello stesso racconto. Semioticamente, si parlerebbe, oltre che di una classica enunciazione enunciata (la messa in scena dei racconti dei due), anche di un’enunciazione che è parte dell’enunciato stesso. Addirittura, viene chiamato in causa il leggendario Burgess Meredith, protagonista di uno dei più celebri episodi della prima stagione (Time Enough At Last: storia di un sopravvissuto a un disastro nucleare che spera di poter passare il suo tempo leggendo libri, ma deve fare i conti con l’impossibilità di riparare i suoi occhiali rotti), che ritroviamo qui nel film, nelle vesti di voce narrante. È lui il trait d’union tra i due medium; è lui che ci riporta ai primi anni Sessanta, quando i tentacoli della fantascienza si estendevano dal cinema alla letteratura e non risparmiavano la televisione.

La serie, ideata da Rod Sterling, riscosse un enorme successo, tanto da essere rifatta negli anni Ottanta, anticipata proprio da questa pellicola. Venivano raccontate storie di personaggi apparentemente normali, le cui vite erano sconvolte da fenomeni ignoti ed eventi misteriosi. Senza dubbio, si trattò di storie capaci di segnare un’intera generazione di spettatori: i protagonisti del prologo non fanno altro che incarnare l’immaginario di milioni di americani, tra i quali, allora bambini, si mischiavano anche gli autori del film. Per mettere in piedi l’opera, sorta di teaser promozionale per la nuova serie, fu chiamato un quartetto d’eccezione: Steven Spielberg, Joe Dante, George Miller e John Landis. Difficile pensare ad un poker più “anni Ottanta” di questo. Se aggiungiamo il volto sornione di Dan Aykroyd (è lui il mostro cattivo) che apre e chiude le danze, la scala reale è servita. Che si trattasse di un’operazione soprattutto commerciale, lo dimostrò il fatto che tre dei quattro corti furono ripresi pari pari dalla prima serie. Da certe menti era lecito attendersi di più, ma i produttori (Spielberg e Landis) preferirono andare sul sicuro.

Spielberg rifece l’episodio Kick the Can, del 1962, in cui alcuni vecchietti ringiovaniscono tirando calci ad una lattina. Una delusione: siamo più dalle parti di Cocoon (in peggio) che da quelle del genio di E.T. Dante riprese It’s A Good Life, vicenda di un bambino che, con i suoi inquietanti poteri, costringe un gruppo di persone a piegarsi alle sue fanciullesche volontà. Ottimo lo spunto, con il regista di Gremlins autore di una regia alla Tim Burton. Miller adattò Nightmare at 20.000, storia di uno sfortunato viaggiatore, costretto a fare i conti con il panico da alta quota e con una creatura che cerca di distruggere l’aereo su cui sta viaggiando. Claustrofobico e ossessivo, è il brano migliore del film.

Le uniche note inedite di Ai confini della realtà vennero da John Landis, che scrisse e diresse il prologo e il primo episodio, Time Out. La storia si apre in un bar, dove Bill (Vic Morrow), un tizio di mezza età, si sta lamentando con i suoi amici per una vita disgraziata. I soprusi patiti da neri, ebrei e “gialli” hanno acceso in lui la fiamma del razzismo. Il plot decolla nel momento in cui il nostro protagonista abbandona il bar per tornare a casa. Inspiegabilmente, si ritrova catapultato nella Francia occupata dai Nazisti, dove viene scambiato per un ebreo. Un volo da un cornicione e il contesto spazio-temporale cambia: adesso è un “negro”, vittima di un sacrificio del Ku Klux Klan. Una volta ancora, Bill riesce a salvare la pelle, ma si ritrova nel bel mezzo di una foresta vietnamita, vittima delle mitragliate dei suoi connazionali (tra l’altro, nel corso delle riprese di questa scena, un incidente uccise proprio Morrow e due comparse bambine. Landis finì in grossi guai legali, affrontando così il capitolo più tormentato della propria carriera). Il protagonista si salva di nuovo, ritornando negli anni Quaranta. Questa volta, però, le SS lo catturano, gli appiccicano addosso un stella a sei punte e lo rinchiudono in un vagone di deportati. Bill vede gli amici fuori dal bar, ma le sue urla di aiuto si perdono nelle nebbie di una realtà stravolta.

La storia di Landis è decisamente particolare. Non tanto per le azzardate dislocazioni temporali, quanto per l’idea di raccontare l’applicazione di una particolare legge del contrappasso: chi di razzismo ferisce, di razzismo perisce. È come se l’universo si divertisse a mettere Bill nelle condizioni peggiori in cui si potrebbe trovare ciascuno dei gruppi etnici odiati. Il giochino non è casuale né innocuo. Il suo umorismo graffiante, già noto all’epoca del film, non risparmia la critica all’America  più xenofoba. Altro che comicità demenziale. Quella che Landis ha evidenziato qui, come nelle sue opere maestre degli Anni Ottanta, è un’attenzione non comune per certe dinamiche sociali, che chiamano in causa la convivenza interrazziale. In tal senso, pensare a Una poltrona per due è sin troppo semplice. Purtroppo, il suo corto mostra qualche pecca nella parte finale. Non attenuando la propria cattiveria nei confronti del protagonista (le sue vane urla di aiuto rivolte agli amici sono drammatiche), Landis si assume una responsabilità forte, quella di concedere a più di uno spettatore la tentazione moraleggiante. Si tratta di un rischio, specie quando si trattano temi tanto delicati. È vero: anche molti episodi della vecchia serie tv avevano la loro morale finale e, forse, Landis ha tentato si rispettare lo spirito originario. Tuttavia, poche volte quelle storie chiamavano in causa temi tanto delicati come quelli del razzismo.   

TITOLO ORIGINALE: Twilight Zone: The Movie; REGIA: John Landis, Steven Spielberg, Joe Dante, George Miller (II); SCENEGGIATURA: Jerome  Bixby, John Landis, George Clayton Johnson, Richard Matheson, Melissa Mathison; FOTOGRAFIA: Allen Daviau, John Hora, Stevan  Larner; MONTAGGIO: Malcolm Campbell, Michael Kahn, Tina Hirsch, Howard E. Smith; MUSICA: Jerry Goldsmith; PRODUZIONE: USA; ANNO: 1983; DURATA: 97 min.

 


#01 FEFF 15

Il festival udinese premia il grandissimo Kim Dong-ho! Gelso d’Oro all’alfiere mondiale della cultura coreana e una programmazione di 60 titoli per puntare lo sguardo sul presente e sul futuro del nuovo cinema made in Asia...


Leggi tutto...


View Conference 2013

La più importante conferenza italiana dedicata all'animazione digitale ha aperto i bandi per partecipare a quattro diversi contest: View Award, View Social Contest, View Award Game e ItalianMix ...


Leggi tutto...


Milano - Zam Film Festival

Zam Film Festival: 22, 23 e 24 marzo, Milano, via Olgiati 12

Festival indipendente, di qualità e fortemente politico ...


Leggi tutto...


Ecologico International Film Festival

Festival del Cinema sul rapporto dell'uomo con l'ambiente e la società.

Nardò (LE), dal 18 al 24 agosto 2013


Leggi tutto...


Bellaria Film Festival 2013

La scadenza dei bandi è prorogata al 7 aprile 2013 ...


Leggi tutto...


Rivista telematica a diffusione gratuita registrata al Tribunale di Torino n.5094 del 31/12/1997.
I testi di Effettonotte online sono proprietà della rivista e non possono essere utilizzati interamente o in parte senza autorizzazione.
©1997-2009 Effettonotte online.