Due film di Kim Ki-duk: tracce di una poetica PDF 
di Davide Morello   

Ponendo a confronto il nuovo film di Kim Ki-Duk, Ferro 3 La casa vuota, con il precedente Primavera estate autunno inverno e ancora primavera, emergono le linee della poetica e i segni dello stile dell'autore coreano che vanno affermando sempre più la sua personalità e la qualità del suo cinema. L'ambientazione della storia non riguarda il microcosmo del lago al centro del quale vi era la casa del monaco, circondata dalle acque e dalle montagne, ma la città contemporanea visitata nei molteplici microcosmi familiari e casalinghi, che conservano una simile atmosfera, quasi surreale e magica.

Il ragazzo protagonista, che, come nel precedente non ha nome proprio, vive nelle abitazioni di proprietari andati in vacanza o usciti di casa, entrandovi abusivamente, comportandosi come se fosse la sua dimora: guarda la televisione, fa il bagno, lava gli abiti, cura le piante, e scatta fotografie di testimonianza, in piena libertà, con la preoccupazione di lasciare ordine per l'arrivo degli ignari abitanti; il tutto senza dire una parola per l'intera pellicola. Le formule rituali, i gesti e le azioni reiterate, il diretto rapporto con gli oggetti, che ricoprono un ruolo simbolico di elemento narrativo ricorrente, sono costanti nei due film, come la stessa struttura del racconto: un percorso circolare che muove secondo principi di ripetizione. Il contatto con la natura, con il quale il giovane monaco intraprendeva il suo viaggio spirituale, attraverso il gioco e la morte, la punizione e l'espiazione delle colpe di cui le figura della pietra e del serpente erano simbolo, è sostituito dal rapporto continuativo che il protagonista intrattiene con gli oggetti del mondo contemporaneo. La segreteria telefonica permette al protagonista di conoscere il periodo di assenza e il luogo in cui si trovano gli inquilini della casa vuota; altri oggetti casalinghi, come la pallina da golf, che è gioco, forma di comunicazione, rappresenta la complicità fra il protagonista e la sua futura amante (si pensi a quando i due personaggi la fanno scorrere sul pavimento), ma è anche un'arma contro il marito di questa che, a sua volta, si vendicherà con lo stesso strumento di violenza e morte. Il silenzioso dialogo con la natura è superato da un mutismo imposto dalla tecnologia e dalla civiltà La sola registrazione del nastro che il protagonista attiva in ogni appartamento dà avvio alle sue azioni rituali. I personaggi isolati, anche in mezzo alla città, compiono sempre un viaggio iniziatico di apprendimento, in cui il contatto con la morte segna un punto di svolta, una maturazione spirituale e l'acquisizione di una maggiore padronanza del proprio corpo.

Nel film delle stagioni il giovane monaco si allontana dal suo mondo trascinato dall'amore per una donna che ucciderà prima di tornare al lago, per poi subire la punizione del maestro, essere recluso dalla polizia ed intraprendere, infine, la vera vita ascetica. Dopo la morte del maestro, in inverno, recupera le sue scritture e si esercita nell'arte del monaco per sostituirsi a lui. In Ferro 3 la morte è ancora la prigione, le aggressioni dei poliziotti, che a loro volta permettono la vendetta del marito tradito, l'allontanamento forzato dalla ragazza. Ma nella sua cella il personaggio compie esercizi e acquista la capacità di rendersi invisibile tanto da farsi considerare un fantasma da parte del secondino. I poteri soprannaturali appartenevano già al monaco, che spostava la barca con la forza del pensiero e continuava a vivere come fantasma dopo la morte: il serpente custode della casa.

Il tema del doppio si sviluppa in quest'ultimo film anche sul piano figurativo: gli specchi della doccia, della prigione, e quello attraverso il quale il ragazzo appare alla sua amata, nella sua casa, dopo la sofferta separazione; le vetrate che riflettono le immagini dei personaggi, l'abbondanza delle fotografie scattate, osservate sulle riviste, appese ai muri nella casa del fotografo, assente per motivi di lavoro. La ciclicità delle stagioni coincideva con la circolarità del racconto, evidenziandone il carattere ironico: l'inizio di una nuova primavera con il monaco divenuto adulto e maestro pronto ad educare un bambino. Ora il percorso simmetrico permette, dopo la prigione, il ritorno del protagonista nelle case da lui visitate per lasciarvi i segni della sua presenza. Giunge nella dimora della sua amante che vive con il marito incapace di comprenderla e con il quale non ha mai parlato. Il ragazzo si muove alle spalle dell'uomo senza farsi vedere proprio come un fantasma, un'ombra. La ragazza invece per la prima volta abbraccia suo marito e parla, dicendo che lo ama, ma lo dice al suo vero amore che sta baciando dietro di lui. Stesse strutturazioni narrative e lo stesso taglio ironico conclusivo confermano un rovesciamento finale delle situazioni dalle quali sono partiti i personaggi. Le storie si concludono con il ritorno del ragazzo nella casa della donna in presenza del marito e con il monaco tornato al lago pronto a fare l'insegnante.

Un'analoga soluzione tematica e linguistica adottata in entrambe le pellicole per veicolare una gerarchia degli sguardi permette di distinguere un punto di vista privilegiato nel primo caso e un equilibrio fra due punti di vista nel secondo. Quando il monaco bambino tortura gli animali è inseguito e osservato a distanza dall'anziano tramite marcate soggettive con le quali lo spettatore è portato a vedere con l'occhio esterno e superiore del maestro. Lo stesso dominio dello sguardo avviene successivamente quando il piccolo ritorna per rimediare al suo errore. Un segmento altrettanto simmetrico che rivela uno scambio e una parità fra gli sguardi è mostrato quando il ragazzo s'intrufola in una casa che crede vuota e compie le sue consuete azioni sotto gli occhi della ragazza silenziosa che lo spia. Si trovano faccia a faccia, squilla il telefono e lui se ne va. Poco dopo ritorna ed è lui ad osservare nascostamente lei nei suoi rituali. Queste sono scene principali che, in entrambi i film, danno avvio alle avventure dei personaggi.

Numerosi punti di contatto, significative analogie e differenze permettono di illustrare, anche se in modo sintetico, uno stile che concilia poesia, dramma e ironia, una visione del mondo radicata in una morale, una determinazione spirituale, religiosa, un dialogo diretto con le cose, gli oggetti, attraverso un cammino che porta alla maturazione, alla conoscenza e alla presa di coscienza. Una visione che coniuga il razionale e l'irrazionale: la stessa didascalia che chiude Ferro 3 dichiara come spesso sia difficile distinguere il sogno dalla realtà. Il doppio nelle sue rappresentazioni, infatti, è un tema costante; il rituale e la ripetizione dal livello tematico divengono forme di strutturazione del racconto, affermazione di una circolarità che fa dei suoi ritratti mondi a sé, chiusi e separati dal resto, dei microcosmi appunto.

 


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