Sacro e profano PDF 
Matteo Marelli   

Solo ciò  che avviene “dentro il palazzo”
pare degno di attenzione e interesse:
tutto il resto è minutaglia, brulichio, informità,
seconda qualità…

(Pier Paolo Pasolini)

Luise Veronica Ciccone, in arte Madonna, vive “dentro il Palazzo”. Le vette conquistate nel corso della sua carriera l’hanno per contro allontanata da quella realtà di sopravvivenza quotidiana che, come il suo mito racconta, lei stessa ha intensamente frequentato quando faticosamente cercava di affermarsi. È inevitabile che ora, quando voglia affacciarsi “fuori dal Palazzo”, non veda altro che un mondo fatto a propria immagine e somiglianza.

A dimostrazione di quanto detto c’è la sua prima regia cinematografica, Filth and Wisdom, letteralmente “sporcizia e saggezza”, ma astutamente tradotto dai distributori italiani come Sacro e profano, titolo ritenuto più idoneo per l’opera di un’artista da subito impostasi come furba provocatrice della sensibilità cattolica. Il film, che vorrebbe descrivere i sogni e le ansie di tre spiantati, non fa altro che raccontarci per l’ennesima volta il percorso di formazione della cantante. Compiendo un’operazione che può lontanamente ricordare quanto fatto da Todd Haynes di fronte alle molteplici sfaccettature della figura di Bob Dylan in I’m Not There, anche Madonna per raccontarsi frantuma la propria icona. La regista sa quanto sia difficile afferrare la propria essenza, come non sia precisamente niente ma tante cose insieme. E intuisce che, forse, l’unico modo per poter concedere respiro ad ogni sua sfumatura è quello di far nascere da ognuna una figura ipotetica capace di dargli spessore. Quindi tre storie, autonome ma intersecanti, per narrare in realtà la sua storia. Tre personaggi: A.K., strafottente performer sadomaso con aspirazioni da rockstar; Holly, ballerina classica che per sbarcare il lunario si re-inventa lap-dancer; Juliette, farmacista di quartiere che sogna il volontariato in Africa. Ognuno a dar corpo ad una delle grandi passioni di Madonna: la musica, la danza, la filantropia. Anche la scelta di adottare uno stile ibrido, multiforme, che tocca vari registri espressivi – essenzialmente il film è una commedia agrodolce ma con innesti drammatici e grotteschi e incursioni nel videoclip – può evocare l’anarcoide proteiformità della già citata opera su Dylan.

Ma Madonna non ha lo spessore registico di Haynes, nemmeno la sua sfrenata creatività. Ne è consapevole, e preferisce non avventurarsi in stravolgimenti formali che non sarebbe in grado di sostenere. Sceglie, più modestamente, di affidarsi a una narrazione episodica, ma abbastanza lineare, con qualche sgrammaticatura calcolata – diretta influenza dello stile registico dell’ex marito Guy Ritchie –, come i ripetuti sguardi in macchina di Eugene Hutz alias A.K. E questo, forse, è il maggior pregio del film, il non voler essere un’opera ambiziosa. Dal titolo, e dai trascorsi della regista, però ci si aspettava qualcosa di più audace. Il sudicio è solo evocato, fatto intravedere, ma prontamente addomesticato. Come il locale in cui deve esibirsi Holly, sordido solo all’apparenza; o l’ombra incombente di un padre violento che grava sul passato di Juliette, che viene però lasciata totalmente in sospeso, per nulla approfondita. Madonna, ogni volta che emerge il lato più notturno della vicenda, devia puntualmente lo sguardo su situazioni più rassicuranti e innocue. L’umanità descritta, a tratti, potrebbe far venire in mente quella raccontata dai film della British Renaissance, per il piacere che la regista mostra nel tratteggiare l’eccentricità, la bizzarria, dei suoi personaggi. Ma a differenza di autori come Mike Leigh, Stephen Frears, Michael Radford, Sally Potter, Derek Jarman, Madonna è come se avesse paura di affrontare la drammaticità dei suoi protagonisti, preferendo, quindi, lasciarli abbozzati, incompleti. L’unica figura che decide di esplorare nei suoi risvolti più dolorosi è quella del professor Flynn, affermato poeta, vicino di casa dei tre protagonisti, che abbandona la scrittura in seguito alla cecità, ma che scoprirà alla fine del film come riuscir a far risuonare nuovamente la propria arte. I risultati però sono imbarazzanti. Lo spiacevole esito è da imputare tanto alla regista quanto al suo interprete, Richard E. Grant, che costruiscono un personaggio totalmente sopra le righe, capace di esprimersi solamente attraverso una partitura di tic così patetici da renderlo insopportabile sin dalla sua prima entrata in scena.

Madonna, insomma, confeziona una commediola per famiglie, nemmeno spiacevole, ma ancora molto acerba. Il cinema, per lei, continua rimanere una forma espressiva ancora poco congeniale.

TITOLO ORIGINALE: Filth and Wisdom; REGIA: Madonna; SCENEGGIATURA: Dan Cadan, Madonna; FOTOGRAFIA: Tim Maurice-Jones; MONTAGGIO: Russell Icke; PRODUZIONE: USA; ANNO: 2008; DURATA: 80 min.

 


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