Giunto quest'anno alla terza edizione, il concorso-rassegna di cortometraggi e sceneggiature Cortopotere si è svolto a Bergamo dal 9 al 14 dello scorso mese di giugno.
Organizzato dall'Associazione Culturale Fidelio in collaborazione con Lab80 – Fondazione Alasca e con il Patrocinio di Comune, Regione e Università degli studi di Bergamo, il concorso ha proposto una interessante panoramica dei giovani registi italiani a testimonianza della vitalità del cinema breve, da intendersi non solo quale anticamera del lungometraggio.
Primo premio a Mud Red, del genovese Paolo Ameli, già premiato ai David di Donatello 2003.
Ambientato nella Prima Guerra Mondiale e debitore del grande Remarque di Niente di nuovo sul fronte occidentale, inscena (con largo abuso di effetti in digitale e ritmo forsennato da videogioco) l'incontro tra un soldato inglese ed uno tedesco. In quella pozza di sangue e fango che è la no man's land del fronte, l'inglese decide di soccorrere (e salvare da morte certa) il tedesco che appena infilzato con la baionetta e che, alla fine del corto, rivela di essere nientemeno che Adolf Hitler in persona.
Eventi speciali sono state le rassegne dedicate a Stan Brakhage e a Maya Deren, due personalità particolarmente significative nel panorama dell'underground americano e del cinema sperimentale del dopoguerra.
Maya Deren, l'autrice che ha aperto e contemporaneamente chiuso la seconda avanguardia americana, può essere considerata il mentore di tutti quei registi sperimentali (Brakhage, Anger, Markopoulos) che di lì a poco avrebbero ricalcato le sue orme.
Nel suo lavoro di teorizzazione della forma filmica e esplorazione delle nozioni di spazio, tempo e movimento, la Deren ha affrontato con decisione temi forti (stati psicologici, sessualità, surrealismo), mentre "La sua camera", scriveva Le Corbousier, "offre ai nostri occhi dei fatti fisici che contengono un profondo significato psicologico."
Con i suoi oltre 350 film, realizzati nel corso di mezzo secolo, e con il suo cinema del paradosso e dello scarto visivo, Brakhage ha condensato nella sua opera una ricerca stilistica ai limiti della celluloide, caratterizzata da un'estetica visionaria, non verbale, la cui logica traeva spunto da un simbolismo personalissimo e di non sempre facile lettura.
La sua proposta di cinema sperimentale ha sempre, e con coscienza, oscillato tra la vita e la morte, intesi nel senso più ampio possibile. Due opposti inconciliabili e antagonisti, dalla cui tensione scaturiva il suo mondo, un universo di gioie e angosce che richiamavano quell'inconscio collettivo comune ad ogni uomo.
Interessanti anche le altre retrospettive proposte, dedicate ai primi cortometraggi di Krzysztof Kieslowski, alle animazioni di Osvaldo Cavandoli (quello della Lagostina, per intenderci) e Michele Emmer, estroso professore di matematica alla Sapienza di Roma con la passione per i film-documentari.
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