Tweet The Monster: Future Film Festival 2013 PDF 
Francesca Druidi   

La mostruosità ha identificato il tema conduttore della 15esima edizione del Future Film Festival di Bologna, svoltasi dal 12 al 17 aprile. Dopo il catastrofismo della passata edizione, e gli echi della fine del mondo preconizzata dai Maya, la rassegna consacrata alle tecnologie applicate al cinema, all’animazione e ai new media nel 2013 ha voluto riunire, in un’articolata programmazione, diverse modalità di rappresentazione e declinazione del concetto di mostro. Lanciando uno sguardo al passato, con una mostra fotografica in Piazza Nettuno dedicata alle storiche creature della Universal – Il gobbo di Notre Dame, Il fantasma dell’Opera, Dracula, Frankenstein, La Mummia, L’uomo invisibile, La moglie di Frankenstein, L’uomo lupo e Il mostro della Laguna Nera –, il festival prosegue nel suo cammino di incessante esplorazione dei possibili ambiti di sviluppo dell’animazione e del mondo digitale. La novità dell’edizione 2013 si chiama ExpoPixel, fiera mercato tenutasi dal 15 al 17 aprile in contemporanea al festival presso la Fiera del capoluogo emiliano: un’occasione per incontrare e confrontarsi con alcuni operatori e professionisti del digital entertainment, ma anche per assistere a incontri e workshop.

Particolarmente ricco il novero delle anteprime italiane. A inaugurare il FFF è stato Hansel & Gretel – Cacciatori di streghe 3D di Tommy Wirkola, con Jeremy Renner e Gemma Arterton, ulteriore rivisitazione (in chiave splatter) delle favole classiche sull’onda delle due recenti Biancaneve. A chiuderlo ci hanno pensato l’ultimo lavoro di Rob Zombie, Le streghe di Salem (The Lords of Salem), dove il regista-cantante dirige la moglie Sheri Moon, e La Casa (Evil Dead) di Fede Alvarez, attesissimo remake del film di Sam Raimi, qui impegnato nelle vesti di sceneggiatore e produttore, che nel 1981 influenzò profondamente il genere horror. Anteprima prestigiosa anche quella di Monsters & Co. 3D di Pete Docter, che uscirà nelle sale italiane il 13 giugno. La versione stereoscopica del capolavoro di animazione con protagonisti Mike e Sulley prosegue l’opera di conversione di alcuni titoli del catalogo Disney e Pixar, nell’attesa che il 21 agosto esca l’atteso prequel Monsters University. Sotto l’egida della Aardman Animations (che ha ideato la mascot del festival e ha presentato al pubblico alcuni suoi lavori), rappresentata a Bologna dal modellista e animatore Will Harding, la kermesse ha come sempre offerto l’opportunità di scoprire nel concorso ufficiale opere meritevoli che, purtroppo, non riescono a trovare spazio nel mercato distributivo italiano. A vincere il Platinum Grand Prize è stato l’argentino Ánima Buenos Aires di María Verónica Ramírez, film a episodi realizzato con stili differenti che restituisce le atmosfere, l’anima e la musica della capitale sud-americana.

Viene sempre dal continente americano, ma questa volta dagli Stati Uniti, la menzione speciale della giuria, formata dalla giornalista Fulvia Caprara e dal collettivo Zapruder: Consuming Spirits dell’indipendente Chris Sullivan era certamente una delle opere più attese del Future Film Festival e ha centrato le aspettative, confermandosi un film potente e disturbante, frutto di 15 anni di un processo meticoloso e artigianale. Realizzato attraverso un mix di stop motion, disegno a mano e cut-out (tecnica di animazione in stop motion bidimensionale che consiste nell’usare ritagli di carta, cartoncino o altri materiali creando una sorta di collage in movimento), tecniche che diventano funzionali alla rappresentazione della dimensione temporale del racconto, Consuming Spirits intreccia i destini di tre personaggi – il vecchio Earl Gray, Gentian Violet e Victor Blue – in una città ai piedi degli Appalachi, tetra e malinconica come i protagonisti, accomunati dall’alcol, dal dolore e da un passato che si ripercuoterà con tutto il suo peso di segreti non svelati e traumi mai risolti. Programmaticamente sgradevole, soprattutto nella caratterizzazione dei personaggi, non privo di umorismo acre, il film di Chris Sullivan compone – nell’arco di cinque capitoli – un angosciante, ipnotico e surreale racconto sull’essere umano che affronta la bruttezza e lo squallore che cova prima di tutto dentro di sé, riuscendo a trascinare lo spettatore nel gorgo distorto del mondo plasmato dall’animatore su temi come la colpa, i fantasmi del passato, le origini familiari e biologiche. Lontano anni luce dai prodotti di animazione mainstream, e sicuramente non adatto ai bambini e a quanti cercano nell’animazione solo puro svago e intrattenimento, Consuming Spirits è, per la sua originalità e disperato vigore espressivo, un’esperienza cinematografica unica nel suo genere, dalla durata fiume (più di due ore), inusuale per un film di animazione, che rende la complessità dell’intera operazione.

Nel concorso ufficiale non sono mancati tre film d’animazione in arrivo dal Giappone: The Life of Budori Gusuko, diretto dal maestro dell’animazione Gisaburo Sugii, lo spettacolare 009 Re: Cyborg di Kenji Kamiyama, kolossal animato in 3D tratto dal celebre manga Cyborg 009 di Shotaro Ishinomori (che ha già ispirato diversi lungometraggi e serie animate in Giappone a partire dalla fine degli anni Sessanta), e Wolf Children di Mamoru Hosoda. In 009 Re: Cyborg il team dei 9 cyborg, ognuno dotato di eccezionali poteri, si riunisce a causa di una serie di attentati ai grattacieli delle principali metropoli del mondo, che gettano l’umanità in uno scenario apocalittico intriso del clima post 11 settembre. Una grande perizia tecnica accompagna una storia complessa e strutturata, dagli echi progressivamente sempre più filosofici e metafisici. E poi c’è Wolf Children di Mamoru Hosoda, l’anime giapponese più importante della stagione. In un periodo in cui il cinema e la televisione sono tornati a riproporre la figura del licantropo, Wolf Children la rilegge in una chiave inedita. Spogliato dagli elementi maggiormente iconografici, il licantropismo in questo anime rappresenta soprattutto una condizione di diversità che enfatizza ed esalta la traiettoria di maturazione – in realtà simile a quella di un qualunque essere umano – dei suoi protagonisti. Hana è una studentessa universitaria che affronta con il sorriso la vita e le sue inevitabili difficoltà. Conosce Ookami, un giovane dall’identità  misteriosa. Il loro amore resiste anche alla rivelazione più inaspettata: Ookami è infatti l’ultimo degli uomini lupo sopravvissuti in Giappone. I due figli che nascono dalla relazione – l’esuberante e vivace primogenita Yuki, il timido e introverso Ame – ereditano dal padre la capacità di mutare il loro aspetto da umano ad animale, assumendo anche uno straordinario stato ibrido. L’identità licantropa di Yuki e Ame non è però lo spunto per un film di genere fantastico, ma diventa per Mamoru Hosoda il pretesto narrativo con cui sviscerare l’umanissima “impresa” di diventare grandi e la sfida di una madre che deve allevare da sola i suoi “cuccioli” e intende farlo nel migliore dei modi, proteggendoli inizialmente dal mondo esterno – spesso ostile – e poi stando loro vicino nella ricerca della propria strada. Un percorso, quello di Yuki e Ame, che passa inevitabilmente dalla lacerante scelta tra natura umana e natura animale, destinata a generare dolore, perdita ma anche felicità e consapevolezza della responsabilità delle proprie azioni.

Già vincitore di diversi riconoscimenti in Giappone, Wolf Children è un film d’animazione che merita un pubblico il più trasversale possibile non solo per la qualità delle immagini, ma soprattutto per la sua capacità di coinvolgere e di toccare le corde dello spettatore, con una storia che non brilla per originalità – potrebbe anzi risultare ampiamente prevedibile –, ma che è narrata con sensibilità e poesia, con un tocco lieve e profondo ma non moralistico e noioso. Pur presentando alcuni elementi affini all’universo di Hayao Miyazaki, presso il cui studio Mamoru Hosoda si è formato, Wolf Children è la conferma della personale maturità del regista, già autore di Summer Wars e La ragazza che saltava nel tempo. L’anime dovrebbe uscire in Italia il 13 novembre grazie alla linea editoriale firmata da Nexo Digital (per tutte le informazioni si può consultare www.nexodigital.it/1/id_306/Nexo-Anime-Animazione-giapponese.asp). Mentre la Corea del Sud era presente con l’originale Padak di Dae-hee Lee, la Cina ha proposto Lee’s Adventure di Frant Gwo e Yang Li, film di fantascienza piuttosto innovativo e audace che ha come protagonista un giovane affetto da una rara sindrome di distorsione nella percezione del tempo, intenzionato a salvare la donna che ama, anche lei vittima dello stesso disturbo. Mischiando live action, effetti speciali e animazione, viaggi nel tempo e videogiochi, i due registi firmano un’opera decisamente interessante a livello visivo, con soluzioni toccanti e a tratti esilaranti.

L’Europa, dal canto suo, conferma il momento di fermento produttivo con lo spagnolo O Apòstolo di Fernando Cortizo, il franco-belga Approved for Adoption di Jung Henin e Laurent Boileau e il finto biopic inglese A Liar’s Autobiography: The Untrue Story of Monty Python's Graham Chapman di Bill Jones, Jeff Simpson e Ben Timlett. Ricco anche il palinsesto extra-concorso, dal programma dei corti agli incontri (Bruno Bozzetto), dagli omaggi (Antonio Margheriti, Gisaburo Sugii) allo speciale Calimero, che nel 2013 compie cinquant’anni e di cui uscirà una nuova serie in 3D prevista per il 2014. Immancabili le follie notturne con Cockney Vs. Zombies di Matthias Hoene, Dead Sushi di Noboru Iguchi e Tokyo Fish Attack di Takayuki Hirao. È stato inoltre riproposto al pubblico del FFF il meta-horror di Drew Goddard e Joss Whedon Quella casa nel bosco, pienamente aderente al tema conduttore dei mostri, mentre tra i film fuori concorso se ne ricordano due in arrivo dalla Cina: Painted Skin: The Resurrection diretto da Wuershan, film di genere fantastico dalla preponderante componente melò, e Yugo & Lala di Yunfei Wang, film di animazione in 3D che ha registrato molto successo in patria. Destinato – e in effetti consigliato – a un target di giovanissimi, Yugo & Lala fa leva su una buona dose di arti marziali, pur non riuscendo mai a elevarsi da un sufficiente prodotto di intrattenimento per un pubblico infantile.

 


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