Marley PDF 
Andrea Mattacheo   

L’ultimo documentario di Kevin Macdonald appare meno “libero” rispetto ad alcuni dei suoi lavori precedenti, opere di non fiction straordinariamente potenti come Touching The Void, One Day in September e Life in Day. Marley è meno libero perché lavorare sulla vicenda biografica di un’icona della cultura di massa, volendo rimanerle fedele, pone severi limiti a quel processo di decostruzione che è la cifra del fare cinema documentario di Macdonald. Un muoversi disinvolto tra i materiali del reale - tra dovere documentale e necessità narrativa - dando forma a una ricostruzione degli eventi emozionale, che qui però viene vincolato dalla cronologia, dall’obbligo di seguire passo dopo passo le tappe della vita di Bob Marley. Una “consegna” didattica dettata forse da istanze produttive interessate alla diffusione di un “biopic” dai toni il più possibile standardizzati nel trentennale della morte del musicista giamaicano.

Marley si presenta dunque come il racconto lineare della vita di Robert Nesta Marley, che dalla baraccopoli di Trenchtown - sobborgo violento di Kingston, capitale della Giamaica - passa per l’adesione alla filosofia rastafariana e arriva ai concerti mondiali dei Wailers, seguiti da milioni di persone. Il tutto attraverso un uso semplice e pulito dei materiali di repertorio, delle testimonianze e della musica. Malgrado ciò - e per fortuna - Marley non cade nell’agiografia, che è probabilmente la trappola più pericolosa sottesa a un approccio di questo tipo. Macdonald non santifica mai l’oggetto del suo raccontare, anzi, pur nei limiti concessi da un ritratto che sembra, appunto, su commissione, ne da un’immagine dialettica, contraddittoria e - nel bene e nel male - umana. C’è, nel film di Macdonald, un Bob Marley alla stregua di tutti quelli che nell’industria discografica ce l’hanno fatta (anche chi poi dal farcela è stato divorato, come Kurt Kobain), affascinato dal successo e disposto al compromesso. C’è un Bob Marley molto distante dallo stereotipo dell’uomo rilassato e tollerante, estremamente egoista nei suoi rapporti con le sue tante donne e con i figli. C’è un Bob Marley terrorizzato dall’idea di morire, che passa l’ultimo anno della sua vita in un centro bavarese di medicina olistica. C’è anche un musicista dallo straordinario carisma, che durante un concerto nello Zimbabwe resta sul palco, a saltare e cantare, ignorando il pungere dei lacrimogeni sparati dalla polizia per disperdere una marea umana lì solo per ascoltarlo. Un uomo capace di diventare un’icona di liberazione politica - al dì là del suo essere, per lo più, impolitico - per persone che in lui hanno visto il simbolo di chi viene respinto, rifiutato, escluso ma non sconfitto.

E alla fine del documentario non si può non avere un brivido nel vedere la sua faccia stilizzata su ogni muro scrostato del mondo - dagli Stati Uniti al Kurdistan -, a fare da sfondo alla vita e alla lotta di chi è stato dimenticato.

Titolo originale: Marley; Regia: Kevin Macdonald; Sceneggiatura: Kevin Macdonald; Fotografia: Mike Eley; Alwin H. Kuchler; Wally Pfister; Montaggio: Dan Glendenning; Produzione: Shangri-La Entertainment, Tuff Gong Pictures, Cowboy Films; Distribuzione: Lucky Red; Durata: 144 min.; Origine: USA/UK, 2012

 


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