Gli abissi di Cameron PDF 
Michele Segala   

The Abyss è arrivato ad un’altezza della carriera di Cameron in cui il suo nome era ormai una realtà piuttosto consolidata, avendo affrontato fino ad allora tutte le prove che il cinema americano avrebbe potuto affidargli. Aveva infatti diretto dapprima un cortometraggio fantascientifico per attirare le attenzioni di Roger Corman (Xenogenesis), un filmetto di genere su commissione da quattro soldi boicottato dalla produzione (Piranha paura), un primo film vero e proprio di grande successo tratto da una propria sceneggiatura (Terminator), e il sequel di un film di fantascienza iconografico e di grande di impatto (Aliens). Era quindi ora che il regista canadese tornasse ad un progetto più personale, e arrivasse ad avere a disposizione un budget sostanzioso, considerato il successo commerciale dei suoi due precedenti film (nemmeno per il sequel della pellicola di Ridley Scott aveva avuto a disposizione una cifra esorbitante).

La scelta cadde quindi su The Abyss, un lavoro talmente personale che tutto, ­dalla sua ideazione alla produzione vera e propria­, è pervaso da elementi della biografia di Cameron: il soggetto è infatti basato su un racconto che lui stesso aveva scritto, ancora adolescente, dopo aver saputo di un esperimento in cui un essere umano aveva respirato un liquido sperimentale al posto dell’aria, mentre il suo shooting è stato (almeno in parte) funestato dalla separazione del regista con la sua seconda moglie, nonché produttrice del film, Gale Ann Hurd (da notare che la trama verte tutta intorno al rapporto tra una quasi ex coppia…). Prova del coinvolgimento emotivo di Cameron in The Abyss sono le condizioni in cui la troupe e gli attori sono stati costretti a lavorare: tutti dovevano, prima dell’inizio della lavorazione, prendere il regolare brevetto da sub (attori principali, Harris e la Mastrantonio, inclusi), per poi, una volta sul set, venire sottoposti ad orari di lavoro sfiancanti in condizioni di sicurezza giudicate spesso precarie. L’esempio più lampante è quello della location scelta per il set: la vasca che era servita per contenere un reattore nucleare, in cui non solo attori e troupe si immergono davvero (e in decompressione) con le tute da palombari, ma alla cui sommità vengono inoltre posti milioni di tavole di plastica ed alluminio così da poter ricreare perfettamente l’oscurità presumibile per una grande profondità, ma con la conseguenzea che ogni volta (e capitò più volte) che si incorreva in un black out tutte le persone rimaste sotto la superficie dell’acqua dovevano rimanere nel buio più denso ad attendere i soccorsi. Ad aumentare le difficoltà di un set già così angusto c’era il senso di prevaricazione che gli attori attribuirono al regista, degnamente simbolizzato (almeno a loro dire) da uno dei tanti congegni inventati appositamente per The Abyss: un sistema di comunicazione presente nei caschi da immersione che permetteva a chi li indossava di ascoltare le direttive di chi stava dall’altra parte (Cameron ovviamente), ma senza potergli rispondere. Infine, last but not least, la complicata situazione produttiva, che vedeva come produttrice la moglie in rotta (definitiva) col marito, a capo, per giunta, di quello che in fin dei conti era il primo super budget del regista canadese. Una situazione talmente al di là delle normali situazioni produttive fin lì conosciute da Cameron e dai suoi fedeli collaboratori, da arrivare al punto di giungere a fine film con due direttori della fotografia, una montagna di girato, e richieste di effetti speciali talmente complesse da non lasciare tempo nemmeno alla Industrial Light and Magic di Lucas di portarle a termine (la sequenza dell’onda del pre­finale è infatti stata riaggiunta e risistemata soltanto successivamente, dopo il successo di Terminator 2, per l’edizione in laser disc).

Ma ora, a distanza di venti anni, dopo che abbiamo visto Cameron all’azione sui set di molti kolossal (ognuno dei quali sempre teso, per numeri ma non solo, a battere il precedente) è forse difficile immaginarsi i tempi dell’uscita del suo primo film­monstre, figurarsi poi comprendere appieno la reazione mediamente fredda della critica, ma anche il quasi flop di pubblico: vuoi forse per la compresenza nello stesso periodo di altri due film che ricalcavano le stesse ambientazioni (Leviathan e Creatura degli abissi), vuoi perché a causa dell’uscita posticipata (sempre i problemi di produzione…) ormai  i grandi successi della stagione erano già stati assegnati (il primo Batman di Burton, Star Trek V e Arma Letale 2), vuoi perché questo era di fatto il primo lavoro di Cameron dall’aspirazione autoriale così spiccata da arrivare persino a citare nel finale la parte conclusiva di 2001: Odissea nello spazio di Kubrick (uno dei suoi film­-rivelazione). Il risultato finale, in termini di reazioni, fu quindi modesto (seppure tardivamente rivalutato, grazie almeno in parte alla versione estesa di cui si è precedentemente accennato, che certo faceva luce sia sulle psicologie dei personaggi sia sul finale), soprattutto se rapportato all’energia spesa e a tutti i temi messi in campo. Perché The Abyss, in fondo, può ben dirsi un potpourri di quasi tutto il cinema di fantascienza americano dagli anni Quaranta in poi: c’è infatti la presenza incombente di una possibile apocalisse (per mano dell’uomo con l’atomica o dall’agente esterno degli extraterrestri), c’è il conflitto tra militari (paranoici) e civili (ragionevoli, scientifici, se non illuminati), e c’è persino l’appello all’umanità tutta a guardare alla proprie colpe e alle proprie responsabilità così da poter imparare da esse.

Ma alla fine, dopo quasi tre ore di visione (146 e 171 minuti la durata delle due versioni), se da una parte non si può negare a Cameron di avere ancora una volta cercato di spostare in avanti i confini del visibile, conquistando così un posto di diritto tra quei cineasti che indubbiamente vedono nell’esperienza della visione in sala (un tema oggi attualissimo) il fine del cinema, dall’altra si ha l’impressione di avere a che fare con uno dei film più imperfetti della storia del cinema, di quelli grandi, imponenti, con il desiderio di cannibalizzare tutto il cinema precedente e con la smania di poter ridefinire persino quello a venire (un po’ come l’A.I. di Spielberg). Forse a 35 anni era troppo presto per Cameron, o forse (come direbbero molti dei suoi detrattori) si tratta di un’impresa assurda per un tecnocrate del cinema.

TITOLO ORIGINALE: The Abyss; REGIA: James Cameron; SCENEGGIATURA: James Cameron; FOTOGRAFIA: Al Giddings, Mikael Salomon; MONTAGGIO: Conrad Buff, Joel Goodman, Howard E. Smith; MUSICA: Alan Silvestri; PRODUZIONE: USA; ANNO: 1989; DURATA: 138 min.

 


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