La teta asustata è il titolo originale del film di Cladia Llosa, uscito in Italia come Il canto di Paloma e vincitore all’ultimo festival di Berlino. La giovane regista peruviana porta sullo schermo le conseguenze emotive del clima di paura che la sua nazione ha vissuto durante la guerra civile. Le violenze ripetute contro le donne e le migliaia di morti avvenute in quegli anni hanno lasciato il loro segno indelebile nella cultura popolare, oltre che nelle storie private di ognuno, tanto da diffondere, tra la gente, la credenza che la teta asustata, cioè il seno spaventato delle donne, fosse divenuta il tramite di una nuova malattia che costringeva le anime dei bambini nati a vivere in uno status di dolore ereditato, senza nessuna speranza di redenzione.
Ed è questo il clima che si respira interamente nel film, che racconta la storia di Fausta, una giovane donna rimasta orfana e intenzionata a dare alla madre una degna sepoltura nel suo villaggio d’origine. La necessità la spingerà a cercare lavoro e a uscire fuori da quel piccolo mondo chiuso di paure in cui era sempre cresciuta, condannata e plasmata dai racconti di morte e violenza della madre. Spaventata dall’intero mondo maschile, troverà lavoro nella casa di una ricca pianista di Lima, vivendo come un’ombra tra le pareti di quella villa sontuosa, volutamente giustapposta alla povertà del quartiere in cui Fausta vive, insieme alla famiglia dello zio. Il contatto col mondo però per lei si rivelerà del tutto fallimentare e l’unica forma di comunicazione possibile all’inizio sembra essere il canto. Fausta, cantando, racconta storie e tenta il suo primo approccio malato col mondo, ma è un tentativo debole e sbagliato e la sua fiducia verrà brutalmente tradita. Il rifiuto della vita e le continue paure che la attanagliavano, del resto, l’avevano portata anche materialmente a chiudersi in se stessa, ingabbiata nel corpo. Quello stesso corpo che la ragazza aveva pensato di proteggere, di fatto violandolo. Per proteggersi dagli stupri, come facevano le donne durante la guerra, Fausta si è riempita la vagina con un tubero, utilizzando l’arma della repulsione per tenere lontano il mondo maschile, ancora visto come se niente fosse cambiato, come se si fosse ancora pervasi da quel vento di guerra.
Il film indugia sulla protagonista, su di lei rallenta i tempi e si concede alla durata, raccontando una storia che, portata all’estremo, lascia intravedere un minimo di speranza e reazione. Fausta deciderà di agire, a un tratto. Non è un’operazione semplice, ma la vita, col tempo, riuscirà a trovare il suo corso naturale. Almeno questo ci suggerisce il tubero che, messo nella terra, alla fine del film comincerà a fiorire.
TITOLO ORIGINALE: La teta asustada; REGIA: Claudia Llosa; SCENEGGIATURA: Claudia Llosa; FOTOGRAFIA: Natasha Brier; MONTAGGIO: Frank Gutierrez; MUSICA: Selma Mutal; PRODUZIONE: Perù/Spagna; ANNO: 2008; DURATA: 94 min.
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