Elizabethtown PDF 
di Maurizio Ermisino   

Allacciate le cinture di sicurezza. Inserite il cd nel lettore. Girate la chiavetta di accensione. E godetevi il viaggio. Sì, perché Elizabethtown è un bellissimo viaggio nato "in viaggio", direttamente dai sedili di un "tour bus", com'era già accaduto per Almost Famous, dove Cameron Crowe aveva seguito il suo primo tour come giornalista, insieme alla band diventata poi gli Stillwater nel suo film forse più fortunato. Elizabethtown è nato invece sul "tour bus" degli Heart, il gruppo di sua moglie, a bordo del quale, ai tempi, il regista l'aveva premurosamente raggiunta. Svegliandosi e vedendo i paesaggi blu-verde elettrico del Kentucky, decise di ambientare un film nei luoghi dove risiedono le proprie radici, nel paese di suo padre, dal quale mancava dal giorno del suo funerale. È nata così la storia di Drew Baylor, che, appena dopo essere stato licenziato in seguito al fallimento commerciale di una scarpa sportiva da lui progettata e disegnata ed essere stato contemporaneamente lasciato dalla ragazza, torna nel natio Kentucky in seguito alla morte improvvisa del suo vecchio. Quando si tocca il fondo, diceva qualcuno, può capitare di iniziare a scavare. Ma sull'aereo per il Kentucky Drew incontra Claire, che forse sarà il suo angelo…

Come si può capire da quella che è stata la gestazione di questo suo ultimo film, Cameron Crowe nelle sue storie mette tutto se stesso, tutto ciò che ha dentro, ed è per questo che appaiono così diverse dai plot in serie oggi così in voga ad Hollywood e dintorni. Dell'esperienza che ha portato ad Almost Famous si è detto. Ma ricordate Vanilla Sky? La vita "ideale" che David Ames si costruiva era fatta con tutto ciò che aveva amato (Truffaut, Bob Dylan, Monet): vogliamo scommettere che anche in quel caso si trattava del background di Crowe? Così anche questo film è estremamente personale. Come Crowe anche Claire, la protagonista femminile del film, mette tutto ciò che ha dentro (posti, cibi, canzoni) nella mappa che prepara a Drew per il suo ritorno a casa in automobile. Claire è una ragazza che ama fare le mappe: è qualcuno che aiuta ad orientarsi sulle strade intricate del Kentucky e del Tennessee, ma anche su quelle della vita. È grazie a lei che Drew ritrova la via che aveva smarrito. Claire è una che lotta per la positività, che rappresenta la forza della vita - come racconta lo stesso Crowe -, è la ragazza che ognuno vorrebbe incontrare, la donna "ideale", com'era la Sofia Serrano di Vanilla Sky nella proiezione del protagonista. Un altro bellissimo ritratto di donna scritto dal regista, al pari della Penny Lane di Almost Famous (ma tutto da godere è anche lo strepitoso assolo, tra malinconia e comicità pura, di Susan Sarandon).

Quello di Cameron Crowe è un cinema catartico, parla di fallimenti e di rinascite: era ciò che accadeva ai protagonisti di Jerry Maguire e Vanilla Sky, due film che, proprio come questo, iniziano con una fine e finiscono con un inizio. Ed è ciò che accade qui. Elizabethtown è tragico e comico allo stesso tempo, come la vita, di cui mostra anche i tempi morti (con buona pace di Hitchcock…), parla a tutti noi con leggerezza e a ritmo di rock (e di un ottimo montaggio). A proposito: state continuando ad ascoltare il cd? La colonna sonora è una parte fondamentale di questo film, come in ogni opera di Crowe, ex critico musicale, e meriterebbe un articolo a sé: si sentono gli U2, Tom Petty, Elton John, Ryan Adams, Simple Minds, e molti altri. E l'amore allo stato nascente tra Drew (un Orlando Bloom finalmente non in costume, e finalmente espressivo) e Claire (Kirsten Dunst, libera dalle reti di Spiderman e dei campi di Wimbledon), lontano dai clichè del genere "ci baciamo - scoppia la passione - finiamo immediatamente a letto", è un'alchimia che nasce piano piano dalla complicità: come può succedere quando ci si è appena conosciuti e si rimane una notte intera a parlare al telefono. Con dei dialoghi che sono tra i più belli sentiti al cinema dopo Prima dell'alba.

Vi state godendo il viaggio? Mi raccomando, lasciatevi andare, non c'è fretta di arrivare alla fine. Perché se "loro" vi hanno detto che questo film non è bello (troppo lungo? disarticolato?) vuol dire che l'hanno seguito con la testa e non con il cuore. Ed è con il cuore invece che vi raccomando di guardarlo. E ricordate, come recitava il sottotitolo di Singles: l'amore è un gioco.

 


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