Giusto una riflessione: possibile che il destino del cinema italiano debba essere quello di dovere rovinosamente cedere le armi di fronte all'incipiente e prepotente avanzata della fiction televisiva? A quanto pare, sì.
A quanto pare il cinema sta cedendo il passo al progresso, laddove per progresso s'intende l'impoverimento del linguaggio cinematografico, il luogocomunismo dei sentimenti, la depurazione da tutto quanto possa apparire volgare, rozzo, veridicamente calato in realtà fatte di gente povera di spirito, arida di sentimenti, ignorante eppure tanto più vera del "ritratto d'interni con famiglia squassata dal dolore" che ci offre l'ultimo film di Castellitto.
Per quanto siano state pregevoli le intenzioni di quest'ultimo nel trasporre cinematograficamente il libro di Margaret Mazzantini (già sua compagna di vita), per quanto ottime siano state le sue già straordinarie capacità interpretative, per quanto ammirevole sia stato lo sforzo della Cruz nel recitare in lingua italiana e nonostante la disarmante bravura della Gerini, Non ti muovere è un film che non decolla, che non convince, che tradisce le aspettative di un pubblico di lettori-cinefili ansiosi di trovarsi faccia a faccia con i crudi personaggi nati dalla penna della Mazzantini. Profetico, quasi una dichiarazione programmatica, risulta essere il titolo: Non ti muovere; e nulla, infatti, si muove. Tutto rimane fermo, uguale a se stesso dai titoli di testa a quelli di coda, e persino lo spettatore più entusiasta rimane attonito, immobile di fronte allo scorrere piatto, sommesso, della pellicola.
Vittima delle immagini che lentamente si susseguono sullo schermo, spettatore di un film che presenta una storia di ordinario squallore e non riesce a rappresentare quei sentimenti forti, spinti al limite dell'umana sopportazione (e talvolta persino oltre) che erano parte integrante del libro e che pure vengono tanto "urlati" dai personaggi, che sembrano squassarli di dolore ma che tuttavia non riescono a coinvolgere pienamente il pubblico, lo spettatore rimane attonito, quasi anestetizzato dall'assenza di variazioni nel ritmo narrativo.
Di fronte al film di Castellitto si prova un certo disagio, uno sgradevole senso di inadeguatezza emotiva, si sente forte l'esigenza di interrogarsi sul perché scene e situazioni spinte tanto al limite del buon gusto non suscitino in realtà lo sdegno che dovrebbero.
E la risposta è semplice, lineare: nell'adattare un testo che aveva un linguaggio particolare e particolarmente crudo, un modo analitico e freddo di presentare i fatti, un lessico tecnico che snaturava ed epurava la tragedia che coinvolge i personaggi, gli autori della sceneggiatura (lo stesso Castellitto coadiuvato dall'autrice, Margaret Mazzantini) ne hanno tradito la natura. Sebbene la trama del film segua quasi pedissequamente l'originale, non riesce a coglierne le peculiarità e malgrado l'affannarsi dei personaggi, l'annaspare in torbide acque fatte di adulteri ed aborti illegali e dolorosi, nonostante le lacrime copiosamente versate, non crea quel movimento, quel coinvolgimento emotivo, quel desiderio di scoprire e diventare partecipi dei segreti del freddo Timoteo (un ottimo Castellitto) che era il punto forte del libro.
Certo, il film non può essere definito brutto, sicuramente non di questo si può accusare il regista, tuttavia per quanto ci si sforzi di apprezzarlo e coglierne delle qualità, delle "note caratteristiche" che ne delinino la personalità, non si riesce a trovarne. Semplicemente (e tristemente) Non ti muovere non è un film cinematografico; è un prodotto, certo pregevole, certo di ottima qualità, ma confezionato per un pubblico avvezzo alla fiction televisiva, tanto che se fosse stato editato in due episodi lo avremmo potuto tranquillamente vedere in televisione, magari in prima serata, con figli e nonni comodamente seduti in salotto, o più semplicemente di fronte ad un fumante piatto di spaghetti.
Mi domando: ma dov'è finita la crudezza della descrizione dello stupro, dov'è finito quel sapore di sudiciume, di passioni sporchevoli, di odori, di fetori, dov'è che si è perso il linguaggio volgare, quando Timoteo (un chirurgo che anestetizza corpi ed emozioni) è diventato un medico premuroso?
La vera e scomoda natura dei personaggi si è persa nei meandri dei meccanismi di autocensura, nel perbenismo borghese che (subdolo!) si cela nella mente di ognuno di noi laddove si presenti la necessità di confrontarsi con realtà sgradevoli, sporche, scomode da affrontare e, in un certo qual modo, "pericolose" da rappresentare.
Castellitto ha abdicato alla natura della storia che aveva tra le mani (bellissima nel suo brutale squallore, splendida per, e nonostante, il brutale squallore) per creare un film "furbo" che schiaccia l'occhio ad un pubblico non avvezzo alla verità nel cinema ma addomesticato al film verità delle 15.30, laddove se si riesce a tollerare la crudezza di alcune scene è perché si ha la rassicurante certezza che "ogni riferimento a persone o fatti realmente accaduti è puramente casuale".
Forse Non ti muovere otterrà i consensi di un pubblico più vasto, forse riscuoterà un successo maggiore e vincerà premi e onorificenze ma, personalmente, non vedo gloria nel seguire sentieri battuti.
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