Torino Film Festival 2002 - Americana PDF 
di Giampiero Frasca   

Come sempre, c'è del marcio negli States. Ovviamente il marcio è riferito ai contenuti narrati e non certamente alle modalità attraverso cui vengono mostrati e rappresentati tali motivi marcescenti. Ed ancora una volta, quindi, pur nella sua evidente parzialità, visto l'enormità della produzione nazionale, la sezione Americana del Torino Film Festival raffigura in modo fedele le tendenze in atto all'interno di una cinematografia sempre viva ed influente, che fa della sue intrinseche contraddizioni la materia preferita del suo proporsi come narrazione/specchio di un modo di intendere l'esistenza e la società.

C'è il marcio contemporaneo di Larry Fessenden, ad esempio, cui il Festival ha dedicato una piccola personale di tre pellicole (No Telling, del 1991, Habit, del 1997, e Wendigo, del 2002) che formano una sorta di trilogia horror. Fessenden è un trentanovenne newyorchese praticamente sconosciuto qui in Italia. Leggere i suoi film attraverso la lente del genere orrifico è però operazione fuorviante e inesatta: alcuni meccanismi narrativi sono quelli dell'orrore, con la costruzione di un fuoricampo che si satura di tensione, con la rivelazione fastidiosa dell'elemento sconvolgente (in No Telling non bisogna essere obbligatoriamente degli animalisti per provare disagio alla vista del forzato innesto di un vitello sotto il tronco di un cane), con le morti raccapriccianti, efferate ed improvvise.

Ma l'horror di Fessenden ha qualcosa di estremamente patetico che rasenta costantemente il ridicolo: come giudicare altrimenti le presenze spirituali archetipiche dei nativi americani di Wendigo che colpiscono con effetto stroboscopico coloro che si sono macchiati di colpe imperdonabili, oppure il sadismo esibito con cui la donna succhia il sangue all'amante vampirizzato in Habit o anche il ricorrere a figure-simbolo che sanciscono il ristabilirsi dei termini naturali in No Telling? Al di là della qualità metaforica insita nello stesso genere horror, l'opera di Fessenden va invece letta come allegoria dell'ormai proverbiale paranoia che caratterizza la cultura americana. Attraverso questa prospettiva l'interpretazione risulta maggiormente dinamica e dotata di un certo interesse, nonostante alcune ingenuità e rivestimenti superficiali nella caratterizzazione semantica delle vicende. Se Habit non venisse letto come un'attualizzazione della Carmilla di Le Fanu, ma nella sua valenza di estrema ossessione contemporanea nei confronti della paura del contagio derivante da una sessualità improvvisa, selvaggia e spesso estemporanea (ed infatti, l'ultima scena del film, con il protagonista – lo stesso Fessenden privo di un incisivo – che si getta nel vuoto con l'assetata donna per placare la sua condanna, rivela che l'uomo si è di fatto suicidato perché al suo fianco al suolo non vi è nessun altro), se Wendigo non fosse interpretato come uno scatenamento degli elementi primigeni a fronte di un'estrema corruzione del mondo, ma in qualità dell'evidente disparità esistente tra Natura e Cultura, tra istinti primordiali e comportamenti uniformemente accettati dalla società (un po' alla Deliverance di John Boorman), allora il cinema di Fessenden potrebbe aprirsi alla profondità di significato e all'interesse per la visione di un universo ammalato delle assillanti nevrosi moderne.

C'è anche del marcio di importazione. È quello di Christopher Nolan in Insomnia, remake dell'omonimo film norvegese diretto da Erik Skjoldberg nel 1997. Noir in piena luce, film di fantasmi personali e forme alla ricerca di una dimensione, di una ragione per giustificarne l'esistenza. Il britannico Nolan propone un'ennesima variante del suo percorso ad inseguire corpi e situazioni narrative: se in Following (1998) l'inseguimento di uno scrittore ad un criminale veicolava la linearità del racconto e in Memento (2000) il pedinamento era condotto all'inverso, alla ricerca di una verità che destabilizzasse l'intero corredo di credenze spettatoriali raggiunto nell'arco della pellicola, in Insomnia la ricerca è interna alla coscienza dei personaggi, relativa ai loro scheletri nell'armadio e a quella brillante ossessione che permette di scoprire l'assassino ben prima che si determinino con certezza le prove della colpevolezza (e il detective Dormer/Al Pacino è quasi un novello Hank Quinlan, rilucente di genio intuitivo e vocazione autodistruttiva). Nolan crea dinamiche che si tallonano, che si intrecciano arrivando a congiungersi, ad avvinghiarsi, quasi si trattasse delle due facce di una stessa medaglia, e utilizza lo splendore incomprimibile di una luce solare che pare non avere mai fine (il film si svolge in Alaska durante la stagione in cui il sole non conosce tramonto) per fornire l'immagine di una crisi individuale restituita attraverso precise antitesi e una singolare simbologia "da camera", ambigua perché nella violenza abbacinante della luce non vede la salvezza, ma la desolazione della colpa.

Il marcio, però, è anche storico. Come nel caso di Paths to War, testamento artistico del grande John Frankenheimer, mancato all'intera storia del cinema nel corso di quest'anno. Paths to War è un ritratto fiume (165 minuti), condotto per la televisione via cavo HBO, dell'LBJ cantato sarcasticamente anche nel musical Hair come diretto responsabile dell'escalation di violenza e sacrifici umani nella Dirty War del Vietnam. Il presidente Lyndon Johnson, succeduto a John Kennedy dopo l'assassinio di Dallas, è presentato sotto una luce controversa, fatta di ricerca di gloria personale per sottrarsi al confronto con l'ingombrante predecessore, di personali dubbi sulla liceità di una guerra che si stava ormai protraendo oltre ogni ragionevole motivazione, di intrighi di palazzo e di consiglieri infidi e voltagabbana. Ciò che ne scaturisce è il ritratto di un uomo, più che di un ruolo, delle sue intime contraddizioni e delle più nascoste debolezze. E Frankenheimer segue fedelmente la parabola politica del personaggio, seppur nei limiti di un linguaggio, come quello televisivo, legato a particolari consuetudini e tacite regole di semplificazione ricettiva, dotando la storia della capacità di osservare, riportare, testimoniare fedelmente senza scadere nel giudizio storico e politico.

Il marcio, infine, può essere quello che si origina per contrasto. E questo capita se il confronto si fa con un cineasta della statura di Brian De Palma, capace di mettere insieme uno stillicidio di citazioni (anche di se stesso, quasi fosse diventato una sorta di antologia vivente), concezioni cinematografiche e saggi sulla visione postmoderna. Se Femme fatale fosse stato realizzato nella seconda metà degli anni Ottanta sarebbe un capolavoro assoluto della storia del cinema, capace di cambiare il concetto stesso di visione e struttura. Ma così non è, e quindi rimane il sapido gusto di una pellicola dal grande fascino, in grado di giocare sulla geometria delle strutture per proporre logiche nuove, motivate dall'estro autoriale e non da una ferrea ragione cartesiana. Il confronto si pone con tutti i nuovi sperimentatori della visione, convinti di creare la forma del nuovo millennio e invece incapaci di fare i conti con un passato sempre all'avanguardia.
E, come degno epilogo per un Festival che ormai da alcuni anni dedica uno spazio al genere western, un omaggio a John Ford attraverso cinque sue tarde pellicole (Sentieri selvaggi, il grande sentiero, L'uomo che uccise Liberty Valance, I dannati e gli eroi, Cavalcarono insieme). Giù il cappello. Meglio se è uno Stetson.

 


#01 FEFF 15

Il festival udinese premia il grandissimo Kim Dong-ho! Gelso d’Oro all’alfiere mondiale della cultura coreana e una programmazione di 60 titoli per puntare lo sguardo sul presente e sul futuro del nuovo cinema made in Asia...


Leggi tutto...


View Conference 2013

La più importante conferenza italiana dedicata all'animazione digitale ha aperto i bandi per partecipare a quattro diversi contest: View Award, View Social Contest, View Award Game e ItalianMix ...


Leggi tutto...


Milano - Zam Film Festival

Zam Film Festival: 22, 23 e 24 marzo, Milano, via Olgiati 12

Festival indipendente, di qualità e fortemente politico ...


Leggi tutto...


Ecologico International Film Festival

Festival del Cinema sul rapporto dell'uomo con l'ambiente e la società.

Nardò (LE), dal 18 al 24 agosto 2013


Leggi tutto...


Bellaria Film Festival 2013

La scadenza dei bandi è prorogata al 7 aprile 2013 ...


Leggi tutto...


Rivista telematica a diffusione gratuita registrata al Tribunale di Torino n.5094 del 31/12/1997.
I testi di Effettonotte online sono proprietà della rivista e non possono essere utilizzati interamente o in parte senza autorizzazione.
©1997-2009 Effettonotte online.