Religulous - Vedere per credere PDF 
Simone Dotto   

Dimenticato in fretta l’esperimento “coraggioso” con cui aveva prestato la penna e anche le discutibili capacità interpretative di Bob Dylan al cinema con Masked and Anonymous, Larry Charles è divenuto noto ai più come l’uomo che si nasconde dietro le provocazioni di Sasha Baron Cohen: da quella volta in cui l’attore si è fatto passare per il reporter kazako Borat, o quando ha sfilato sulle passerelle milanesi fingendosi Bruno, fotomodello austriaco, fino all’ultimo travestimento nei panni del gerarca Hazef Aladeen per Il Dittatore. Bill Maher rientra invece a pieno titolo tra gli stand up comedians e autori umoristici statunitensi più noti del piccolo schermo, uno dei nomi dai quali, tanto per intenderci, il nostro Daniele Luttazzi è accusato di aver saccheggiato buona parte del repertorio.

A chi ha già avuto il piacere di conoscere entrambi, l’accoppiata di personalità suggerirà già molto su quale territorio può inoltrarsi un film documentario diretto dal primo e “interpretato” dal secondo. Si tratta infatti di un progetto praticamente realizzato a quattro mani e con un unico obiettivo: farsi quattro risate alle spalle delle religioni, senza distinzioni tra piccole sette strampalate e confessioni su scala mondiale. Per due professionisti nessun campo si presta alla dissacrazione bene quanto il “sacro” medesimo, analizzabile e dileggiabile in una grande quantità di manifestazioni. Tra queste, in particolare, interessa la forma più performativa e, in un certo senso, americana della fede religiosa. Se per alcuni aspetti l’America ha aiutato a ridare linfa a credenze e istituzioni secolari, elevando se stessa a nuova holy land e la sua gente a popolo di dio, per altri ha portato la sacra materia a confrontarsi con una dimensione “performativa” decisamente profana, quasi oscena secondo i criteri della tradizione europea. Da smaliziati uomini di spettacolo, Maher e Charles fiutano bene questa componente e ne fanno il tema conduttore di tutta la loro disquisizione, collezionando tutt’attorno al mondo una sorta di Santissimo Stupidario. Le risate non scarseggiano di certo. Smontare gli spettacoli del predicatore che chiede soldi perché sostiene di essere nientemeno che la reincarnazione di Gesù Cristo o sghignazzare della cappella dei fedeli camionisti, costruita lungo l’autostrada come un autogrill della devozione, può sembrare un gioco facile. Lo è, in tutta onestà, e pure parecchio divertente. L’assunto da cui muove il teorema eretico di Religulous, il filo che lega le incursioni nella città del Vaticano alle via crucis coereografate in parchi a tema, è che tutte le religioni siano in sé nient’altro che delle messinscene, più o meno grandi, con tanto di copione scritto e replicato negli anni, a seconda del successo riscosso presso il pubblico. Un unico scopo di fondo, quello di far proseliti creduloni e, in definitiva, battere cassa. “Non potete prendervela con Scientology - dice il comico quando inizia a tirare per la giacca anche le sette di nuova formazione -, se arrivi dopo duemila anni di storie del cristianesimo devi per forza inventarti qualcosa di grosso”.

Contro ogni culto della Verità, l’elogio del dubbio pronunciato da Bill Maher in chiusura riassume, nel caso ce ne fosse bisogno, lo spirito che accompagna la sua inchiesta satirica. All’antica mitologia collettiva viene opposto un lume razionale e tutto moderno, a denunciare un medievale timor di Dio che tiene in ostaggio il mondo intero ben oltre le date di scadenza dalla Storia. E’ facendo leva sul senso comune alfabetizzato e occidentale del ventunesimo secolo che scatta il meccanismo comico, quando ci viene intimato di applicare le nostre facoltà critiche alle sacre scritture. Sul bisogno, umano anche quello, di consolarsi guardando al cielo e porsi interrogativi spirituali, Religulous invece tace. Da un lato si può apprezzare la delicatezza dell’understatement, dall’altro si implica così che l’impostazione da controinquisizione satirica incontra dei limiti, alcuni riconosciuti, altri sottintesi: il fatto, per esempio, che pur mettendo lo stato comatoso del mondo in conto alle guerre sante, di fronte un nodo che lega indissolubilmente religione e politica internazionale come quello israelopalestinese, Larry Charles e Bill Maher (entrambi di famiglia ebraica, anche se certo poco credenti) sentano di dover dare addosso all’unico rabbino che, per dottrina, rifiuta la possibilità di uno stato di Israele. Senso critico e umorismo possono corrodere quel che resta della nostra creduloneria, ma evidentemente non bastano per sradicare tutti i tabù che fanno della nostra una società arcaica nell’animo.

 


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