Burn After Reading PDF 
Gianmarco Zanrè   

ImageC'erano una volta i Nichilisti. Il Drugo, e guai a chiamarlo Lebowski, osservava il loro capo dormire su una poltrona gonfiabile in piscina con una bottiglia di Jack Daniel's vuota stretta in pugno, riflettendo su quanto, effettivamente, potesse essere difficile essere un Nichilista. Walter, suo fido compagno, affermava invece che la dottrina nazionalpopolare era preferibile al nichilismo, perché basata sull'ethos, e che finchè si trattava dei suddetti Nichilisti, non c'era da aver paura. Eppure l'innocuo Donnie finisce per lasciarci le penne.

Correva l'anno 1994, e i Coen, forse all'apice della loro vena creativa, dopo i fasti di Fargo scuotevano l'immaginario della settima arte con Il grande Lebowski, la loro più graffiante, riuscita, sincera commedia. Sono passati quattordici anni, i Nichilisti sono ancora una minaccia – e Walter non ce ne voglia –, i Coen hanno raccolto consensi e successi – soprattutto i tanto agognati Oscar, riconoscimento ufficiale in patria – e il cinema è ancora pronto a tuffarsi sul telo come in una piscina per raccontarci, o suggerirci, le sfumature della vita. C'è un solo grande, titanico, pantagruelico problema: questa volta, il Drugo manca all'appello. Di certo si può considerare il fatto che non fosse l'esempio migliore che si potesse seguire, dati il linguaggio e la scarsa, scarsissima voglia di muoversi perché le cose cambino, eppure, di fronte alle ingiustizie di questo mondo cattivo e stupido, non c'è più un eroe come lui a difendere le coscienze di noi poveri spettatori alla mercè del potere: perché questo è il nodo di Burn After Reading. Il potere. A dire il vero, gli eroi ci sarebbero, ma il tempo, le delusioni, la stupidità ce li hanno tolti: abbiamo Ted, manager di palestra segretamente innamorato di Linda, Osborne, ex analista della Cia troppo preso da quello che non è stato per accorgersi di quello che si può perdere, e infine Chad, troppo stupido. E basta. Attorno, schiere di uomini e donne incapaci di provare, o tentare di provare qualcosa di diverso dal sotterfugio, dalla bugia. È un mondo di egoisti, paiono suggerire i Coen, ben affiatati nella stesura della sceneggiatura e coadiuvati da una squadra di tecnici di prim'ordine, su tutti l'eccezionale Lubezki alla direzione della fotografia: eppure, questa volta, guardandoci attorno, tra una risata e l'altra, soffriamo la mancanza di un Drugo, di un Ulisse che possa sbrogliare l'intricata matassa che i due fratelli hanno così astutamente ed impietosamente disegnato per il loro pubblico. Tutto, come in un meccanismo ben oliato, o all'interno di un'organizzazione criminosa – governativa o no che sia –, pare funzionare alla perfezione: si ride, si riflette, ci si sofferma su quanto sia corrotto e infido l'essere umano, quasi fosse l'incarnazione stessa del potere, si notano confezione di lusso e interpretazione degli attori (Malkovich e Pitt su tutti). Eppure, in questa coreografia così ben studiata, qualcosa stona, senza rimedio: e non si tratta dell'inevitabile quanto geniale sconfitta dei tre tentativi d'eroe sopra citati. C'è qualcosa, nel mosaico di Burn After Reading, che sfigura. Stona, in quest'orchestra così dannatamente puntuale. E non si tratta di tecnica, di scrittura, dell'eccessivo tono caricaturale di alcuni dei protagonisti: è qualcosa di più sottile, sotterraneo. Quasi un intrigo, per restare in tema.

Cosa non funziona, dunque, in questa pellicola che già molti hanno candidato (e virtualmente premiato) ai prossimi Oscar come e più della precedente trionfatrice Non è un paese per vecchi? È davvero la mancanza di un eroe come il Drugo a pesare così tanto nell'economia di questa valutazione? O il fatto che, dopo tanti grandissimi film i Coen paiono viaggiare a credito, da un po' di tempo a questa parte? Le possibilità sono molte, ma onestamente, all'interno di una pellicola in cui la menzogna è protagonista principale, credo non sia questo il nodo da sciogliere, quanto il punto di vista dell'intera opera. Ovvero: Forrest Gump, per citare un altro degli eroi “in difetto” per eccellenza, aveva ragione? Si può davvero affermare che “stupido è chi lo stupido fa”? Perché la questione è tutta qui: se Ted, Osborne e Chad sono un tentativo per ricordarci quanto siano importanti i Forrest e i Walter, per arrivare a Drugo, forse il dubbio che gli indomabili Coen abbiano cominciato a farsi imbrigliare diventa legittimo, e la speranza, in questo caso, è che possano presto tornare a mordere davvero, come facevano ai tempi in cui le platee spalancavano gli occhi frastornate e meravigliate dalla loro inventiva. Al contrario, se il duo di Minneapolis, con quest'ultima fatica, ha voluto dimostrare proprio il contrario, ovvero che nel nostro mondo, forse – e sottolineiamo il forse – non c'è più spazio neppure per i Drughi, allora occorre davvero fermarsi e riflettere sul fatto che non solo gli Stati Uniti possano non essere un paese per vecchi.

Dove sta la verità? Difficile affermarlo, e anche solo ipotizzarlo, di fronte a una schiera di bugiardi come quella messa in piedi in questo Burn After Reading. Le due (e più) nature della pellicola si mescolano troppo e volentieri, e se da un lato è quasi naturale ammettere la distanza siderale che la separa da Fargo, Il grande Lebowski, Fratello dove sei? e L'uomo che non c'era, l'amarezza del dubbio resta, rispetto al reale intento celato dietro le apparenze di una commedia nera che potrebbe essere stata diretta da uno dei meno convincenti Woody Allen: dove sono nascosti i famigerati Coen, in questa sarabanda di incastri e inganni? Si saranno persi, o avranno fatto in modo di far perdere noi, dall'altra parte del proiettore? Hanno tappato la bocca a tutti quelli che potevano fornirci una risposta, e al pubblico non resta che pensare, ipotizzare, supporre, speculare. Con tutti i difetti che possono venire a galla, nel corso di questa visione, la domanda resta, inevitabile: non è questo – pensare, ipotizzare, supporre, speculare – lo scopo del cinema? Se così fosse, Burn After Reading sarebbe davvero stata un'intuizione geniale. Se così fosse. In un mondo perfetto, suggeriva Clint Eastwood. In un mondo perfetto, troveremmo Drugo, eroe decadente, a porgerci la mano. In un mondo perfetto. Per questo Ted, Osborne, Chad non ci sono, né saranno. Il nostro mondo è tutto, tranne che perfetto. Proprio come Burn After Reading.


TITOLO ORIGINALE: Burn After Reading; REGIA: Joel e Ethan Coen; SCENEGGIATURA: Joel e Ethan Coen; FOTOGRAFIA: Emmanuel Lubezki; MONTAGGIO: Joel e Ethan Coen; MUSICA: Carter Burwell; PRODUZIONE: USA; ANNO: 2008; DURATA: 95 min.

 


#01 FEFF 15

Il festival udinese premia il grandissimo Kim Dong-ho! Gelso d’Oro all’alfiere mondiale della cultura coreana e una programmazione di 60 titoli per puntare lo sguardo sul presente e sul futuro del nuovo cinema made in Asia...


Leggi tutto...


View Conference 2013

La più importante conferenza italiana dedicata all'animazione digitale ha aperto i bandi per partecipare a quattro diversi contest: View Award, View Social Contest, View Award Game e ItalianMix ...


Leggi tutto...


Milano - Zam Film Festival

Zam Film Festival: 22, 23 e 24 marzo, Milano, via Olgiati 12

Festival indipendente, di qualità e fortemente politico ...


Leggi tutto...


Ecologico International Film Festival

Festival del Cinema sul rapporto dell'uomo con l'ambiente e la società.

Nardò (LE), dal 18 al 24 agosto 2013


Leggi tutto...


Bellaria Film Festival 2013

La scadenza dei bandi è prorogata al 7 aprile 2013 ...


Leggi tutto...


Rivista telematica a diffusione gratuita registrata al Tribunale di Torino n.5094 del 31/12/1997.
I testi di Effettonotte online sono proprietà della rivista e non possono essere utilizzati interamente o in parte senza autorizzazione.
©1997-2009 Effettonotte online.