Alla luce del sole PDF 
di Maria Teresa Fragale   

Il film si apre con le immagini di bambini assoldati dalla mafia per collaborare alle lotte clandestine tra cani. Tra le risa dei bambini un cane ferito viene gettato da un palazzo in costruzione. Come in un modello di temporalità ciclica, le ultime scene ci mostrano Don Puglisi morire solo come un cane, le persiane si chiudono, la gente cambia strada, le macchine corrono via veloci senza fermarsi.

In meno di due anni Giuseppe Puglisi era riuscito a costruire un Centro di accoglienza, dove, con l'aiuto di un gruppo di volontari, lottava ogni giorno per togliere dalla strada i più giovani. Si scontrò con l'inerzia del potere locale per avere una rete fognaria, una scuola, un distretto sanitario. "Bisogna avere pazienza" era la risposta che Don Puglisi riceveva dal sindaco. Spiegò alla gente, abituata a subire passivamente e ad adeguarsi a uno stato di fatto, che dovevano pretendere ciò che spettava loro di diritto. Inevitabilmente il suo percorso lo portò a entrare in conflitto con gli interessi del potere mafioso. Lo avvertirono, lo minacciarono, cercarono di fare il vuoto attorno a lui. Don Puglisi, detto "l'uomo che sparava diritto" (era anche il titolo provvisorio del film), non cedette, anzi testardamente continuò a parlare in piazza, in chiesa, perfino in televisione. Don Puglisi fu assassinato il giorno del suo compleanno, il 15 settembre del 1993 "alla luce del sole", in pieno giorno.

Il discorso di Faenza riguarda in particolar modo i ragazzini di Brancaccio, verso cui il parroco rivolge i propri sforzi. I giovani vivono in un ambiente in cui la tradizione familiare stessa è strettamente legata alla criminalità organizzata. Un messaggio: i giovani devono avere la possibilità di un'altra scelta. Invece sono lasciati soli dalle istituzioni e dalla società. Nessuna indulgenza nei confronti dei cosiddetti uomini d'onore: "non sono uomini, sono bestie", dice don Puglisi in una delle sue ultime prediche.

Alla luce del sole lascia poco spazio alla bellezza e all'eleganza delle inquadrature, non c'è poesia né trasfigurazione nelle immagini che il film ci propone. E' solo la realtà nuda e cruda, anche se spesso non la si vuole accettare e ci si benda gli occhi pur di non vederla. Lo stile, asciutto ed essenziale, si fa a tratti quasi simbolico. La semplicità estrema della scena in cui don Puglisi viene malmenato può forse lasciar pensare a una certa superficialità e banalità, ma è un modo per ribadire quella metafora dell'uomo-bestia più volte ripetuta nell'arco del film. Vi sono alcune scene di un'espressività quasi violenta che rimangono scolpite nella mente dello spettatore, come quella in cui numerosi ragazzi sui motorini, esultando per la morte dei magistrati Falcone e Borsellino, scrivono sul muro davanti la chiesa "W la mafia". Grande rilievo è dato alla parola del parroco, al suo volto, ma soprattutto rimangono i sorrisi dei bambini, unica grande speranza per la Sicilia. Buona la regia e ottimo Zingaretti che, con una recitazione dimessa e controllata, ha saputo dare spessore e grandezza al parroco.

E' un bene che il cinema italiano torni a parlare di mafia, chissà che non contribuisca al dialogo avviato dalla trasmissione Report di sabato 15/01/05 e che ha destato tanto scalpore nell'ambiente politico italiano. Contemporaneamente all'uscita del film sarà disponibile nelle librerie, pubblicato da Gremese, il volume che includerà la sceneggiatura del film, arricchito da alcuni contributi del regista, di Zingaretti, nonché di noti giornalisti e studiosi.

 


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