Motel Woodstock PDF 
Valentina Rossetto   

Ad agosto di quest’anno si è festeggiato il quarantesimo anniversario di Woodstock, il primo, il più grande, e forse il più importante concerto nella storia del rock. Come in ogni ricorrenza che si rispetti sono stati pubblicati o ripubblicati libri, realizzati nuovi cd e dvd, ed è stato dato ampio spazio sui giornali. Tra quei libri che sono stati scritti direttamente dai protagonisti e dai partecipanti alla manifestazione c’è Taking Woodstock di Elliot Tiber, dal quale è tratto l’ultimo film di Ang Lee, Motel Woodstock. Nonostante si parli di un momento fondamentale nella storia della musica rock, il primo elemento a saltare agli occhi è che nel film non c’è la musica, e non solo quella del concerto, che non viene mai mostrato, ma anche nella colonna sonora. Questo perché Motel Woodstock non guarda al concerto in sé o alla musica di quegli anni, quanto ai fatti che gli ruotano intorno e in particolare alle vicende autobiografiche di Eliot Tiber e della sua famiglia.

Protagonista del film, dunque, è Eliot, che ha lasciato New York e le sue aspirazioni artistiche per aiutare i vecchi genitori a gestire un hotel decisamente trascurato a White Lake. Quando scopre che la manifestazione di Woodstock è stata rifiutata per l'ennesima volta, Eliot decide di muoversi per ospitarla nel suo paese, vedendoci un possibile guadagno e quindi un’occasione per salvare l’hotel dall’ipoteca. Questo diventerà il quartier generale dell'organizzazione del concerto e, come nella migliore tradizione di una trama già vista, la vita di tutti i componenti della famiglia ne verrà sconvolta: Eliot riuscirà non solo a prendere coscienza della sua omosessualità, ma anche ad affrancarsi dai genitori, i quali a loro volta recupereranno la fiducia nella vita e anche l’apertura nei confronti degli altri che avevano perso. Motel Woodstock ha uno sviluppo narrativo molto lineare e prevedibile, dove non mancano alcuni dei momenti più tipici dei film ambientati negli Stati Uniti dei tardi anni Sessanta: dalla scoperta della sessualità e del sesso libero fino alla sperimentazione di droghe allucinogene come l’Lsd. Anche i personaggi rispondono al principio, abbastanza comune, di “tipizzazione”, a partire da Eliot, ragazzo represso che nel corso del film prende coscienza di sé e dei suoi desideri, ma anche dai suoi genitori, che non fanno che litigare ma che in realtà sono profondamente legati, o dall’amico reduce del Vietnam, che ha frequenti allucinazioni provocate dai traumi del fronte, passando per il corpulento travestito di New York, che aiuta il protagonista a difendere l’hotel, o per il poliziotto che si ricrede sul conto degli hippies e ne abbraccia la filosofia, e finendo con gli ostili e aggressivi abitanti del piccolo paese che rappresentano l’America più conservatrice, e lo squattrinato gruppo teatrale d’avanguardia con i suoi messaggi antiborghesi. E decisamente stereotipata è anche l’immagine degli hippies, della loro filosofia e del loro modo di vivere. Personaggi e situazioni che abbiamo visto rappresentati in pellicole consegnate al mito, come Easy Rider o Hair.

Anche la regia non riserva grandi sorprese. Ang Lee si mette da parte e lascia che il Motel Woodstock parli da solo, seguendo Eliot che ne è il vettore narrativo. L’unica scelta registica che si discosta dal linguaggio quasi invisibile del film è l’uso dello split screen che divide in due parti l’inquadratura, usato soprattutto nelle scene del quartier generale, centro di produzione del concerto. All’interno di una stessa immagine sono così presenti due punti di vista diversi su uno stesso spazio che ha per protagonisti personaggi diversi impegnati in azioni diverse. Una scelta estetica che rimanda direttamente a Woodstock - Tre giorni di pace, di amore e di musica, documentario di Michael Waldeigh che nel 1970 vinse il premio Oscar. L’influenza del film di Waldeigh è anche evidente nelle sequenze che riguardano la lenta e ordinata marcia degli spettatori verso il concerto, e che proprio per questo hanno un sapore documentario. Lo stesso Ang Lee ha dichiarato in più interviste di aver visto molte volte il film e di averlo usato come riferimento per il suo. Motel Woodstock è quindi, nel suo insieme, un film abbastanza lineare e prevedibile, dove mancano immagini o momenti memorabili, dove nessuna situazione e nessun personaggio spicca per intensità o interesse. Il fatto che il film prenda spunto da un avvenimento come Woodstock, ma lasci da parte la musica per concentrarsi su quello che gli stava intorno, poteva essere una buona occasione per posare uno sguardo originale su fatti più volte mostrati dal cinema, dalla televisione o nelle fotografie, e ampiamente inseriti nell’immaginario collettivo. Una scelta tanto più interessante vista l’esistenza di un documentario, quello di Waldeigh appunto, che documenta direttamente quei giorni e che implicitamente scoraggia qualsiasi forma di emulazione.

Ang Lee non è però interessato all’organizzazione del concerto, le sequenze che riguardano questo aspetto sono poche e brevi. Non gli interessa neanche approfondire le motivazioni di chi il concerto è venuto a vederlo percorrendo migliaia di chilometri. Non è quello che sta intorno a Woodstock che interessa al regista, ma è il percorso di formazione che Eliot compie nel corso del film. E non poteva che essere così, dato che il film è tratto dalla sua biografia. Il vero problema di Motel Woodstock, tuttavia, è che anche le vicende del protagonista e della sua famiglia sono trattate in maniera superficiale e tradotte in personaggi troppo prevedibili e vicini a dei clichè che ne fanno in sostanza qualcosa di già visto e di poco interessante. 

TITOLO ORIGINALE: Taking Woodstock; REGIA: Ang Lee; SCENEGGIATURA: James Schamus; FOTOGRAFIA: Eric Gautier; MONTAGGIO: Tim Squyres; MUSICA: Danny Elfman; PRODUZIONE: USA; ANNO: 2009; DURATA: 100 min.

 


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