Non è un paese per vecchi PDF 
Matteo Marelli   

Il mondo per i fratelli Joel e Ethan Coen è un posto inospitale, e continuano a ripeterlo anche in Non è un paese per vecchi, loro ultima regia cinematografica. A fare da sfondo è una terra di confine, il Texas, paesaggio arido, terreni argillosi, crepati dalla siccità, che evocano un inquietante senso di morte. Una terra che sembra unicamente deputata ad essere una sterminata area cimiteriale. Un posto senza Dio, regolato dal caso e dal caos, ai cui abitanti non resta che prenderne atto e agire di conseguenza. Proprio come fa Llewelyn Moss che trovatosi casualmente sulla scena di un regolamento di conti tra spacciatori di droga provenienti da oltre frontiera, incurante di quelle che potrebbero essere le conseguenze, decide di impossessarsi di un ingente somma di denaro e fuggire. A inseguirlo, con opposte intenzioni, il killer Anton Chigurh, e lo sceriffo Ed Tom Bell.

Chigurh è una figura imperscrutabile, non si può capire la logica che regola il suo agire, si può solo ammirarne il rigore, l’implacabile perfezione. È un “oltreuomo” di nietzchiana memoria, libero da principi-guida provenienti al di fuori o al di sopra di lui, è al di la del bene e del male comunemente detti, fedele ad una scala di valori da lui stesso impostata e riconosciuta. Avanza impietosamente come un angelo sterminatore, eliminando con cinico distacco ogni persona che incontra, facendo terra bruciata attorno a sé.

L’esatto contrario di Ed Tom Bell, sceriffo disarmato in procinto di pensione, la cui decisone di abbandonare l’attività è dettata non tanto da raggiunti limiti d’età ma da un crescente indebolimento del proprio spirito. Assiste impotente al venir meno di ogni certezza che gli provoca un forte senso di fallimento e smarrimento esistenziale. Non crede più ma vorrebbe esserne capace, non sa a cosa affidarsi, capisce solamente come sia ormai impossibile usare i miti e i riti del passato per cercare di interpretare il mondo che gli sta attorno, dove solo gli spietati sopravvivono. Accetta rassegnato la crisi di cui è testimone. Il suo volto dolente esprime il lato faticoso della vita, la nostalgia del passato, il rimpianto per un periodo felice, il crollo delle illusioni a cui fanno seguito vertigine e disorientamento, come è poi confermato dalle sue rassegnate riflessioni sulla deriva morale e sulla progressiva barbarie che fanno da voce fuoricampo alla mattanza di cui è passivo spettatore.
Per raccontare cinematograficamente questa implacabile caccia all’uomo i fratelli Coen decidono d’adottare un ritmo teso, serrato, abbandonano certi barocchismi registici che avevano segnato la loro precedente produzione in favore di una composizione composta e severa. Di straordinaria efficacia la prima parte del film, potente, asciutta, tesa, costruita su rapidi campi/controcampi che frammentano ed esaltano la freneticità dell’azione.

Il loro virtuosismo registico però vien fuori soprattutto nella sequenza dello scontro tra Moss e Chigurh, dove i due pur essendo a pochissima distanza l’uno dall’altro sono tenuti forzatamente separati, mai assieme nello stesso fotogramma. Si inseguono, si sparano senza trovarsi mai di fronte, ma sempre seguendo le tracce, i riflessi lasciati dall’altro. A stemperare la tensione di questa marcia funebre superbamente cadenzata il cinico sarcasmo, da sempre cifra stilistica dei due autori, che emerge in ogni dialogo. I toni beffardi usati dai protagonisti come arma di autodifesa sminuiscono solo apparentemente la gravità delle situazioni e la tragicità dell’esistenza.

Non è un paese per vecchi è un western crepuscolare, spogliato di ogni epica, che racconta di un mondo segnato da un senso di imminente catastrofe e di progressivo deterioramento, un modo vecchio, in decadenza, quello degli sceriffi, delle frontiere e dei valori ad essi legati.

 


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