Sweeney Todd: il Diabolico Barbiere di Fleet Street PDF 
Massimo Pornale   

Una Pioggia infernale intrisa di sangue bagna i fumosi contorni dell’età vittoriana e il logo della Warner Bros. si veste di sinistre nuvole che presagiscono il prologo di Sweeney Todd – Il Diabolico Barbiere  di Fleet Street , l’ultima pellicola diretta da Tim Burton. Benjamin Barker (Johnny Depp) è un giovane barbiere privato della libertà e della famiglia dallo spietato giudice Turpin (Alan Rickman) che, rinchiuso ingiustamente per quindici anni, tornerà tra le fetide strade londinesi per cercare vendetta dietro la cupa maschera del suo alter ego Todd. Mrs Lovett (Helena Bonham Carter), instabile proprietaria di una putrida locanda di torte di carne condite da molteplici scarafaggi, lo accompagnerà per amore nel vortice di dolore e sangue che scateneranno. Il regista di Burbank torna dietro la macchina da presa dopo la discutibile prova de La Fabbrica di Cioccolato (2005), per orchestrare la sua opera più cupa e meno personale. Non a caso questo film nasce laddove il discorso filmico di Burton s’era fermato prima della recente parentesi “buonista”:

Il Mistero di Sleepy Hollow (1999) sembrerebbe infatti inglobare embrionalmente tutti i geni di questo musical horror. Allora la violenza era abbozzata dietro le trame di una favola macabra, mentre ora la passione di Burton per certe atmosfere gotiche esplora ciò che in quella pellicola viveva solo in potenza. La violenza è assolutamente stilizzata in una forma che appare quanto mai “teatrale”: le carrellate sugli efferati omicidi perpetrati dal barbiere londinese diventano quindi l'unione più solida tra cinema e musical. Ispirandosi ad uno degli spettacoli di maggior successo a Brodaway, Burton riesce a dipingere una perfetta commistione tra le musiche che accompagnano tutte le scene del film e la struttura diegetica dell’opera. Escludendo alcuni insopportabili ritornelli, le canzoni di Stephen Sondheim – per la seconda volta nella sua carriera, dopo l’esperienza di [i] Ed Wood [/i] (1994), Burton rompe il consolidato sodalizio artistico con il compositore Danny Elfman – s’inseriscono perfettamente nell’ultima favola gotica dell’Esopo hollywoodiano. Se l’intento del cineasta fosse quello di dar libero  sfogo alle proprie fantasie più orrorifiche, il risultato risulterebbe del tutto fuorviante dal momento che Sweeny Todd non riesce mai ad incutere reale terrore nel pubblico: il sospetto è che Burton non sia mai stato minimamente interessato e inscrivere il suo lavoro nelle strette codificazioni di un genere, ma piuttosto di navigare tra le sponde della contaminazione. Lo spettatore vive così un senso di soffocamento provocato dalle claustrofobiche atmosfere che permeano quasi tutta la pellicola, respirando una sorta di sollievo quando lo schermo è lacerato da schizzi vermigli di sangue: un tratto distintivo che s’insinua attraverso le sfumature del grottesco e del macabro, quando nella maggior parte dei casi le scene più “crude” sono stemperate da accompagnamenti musicali e da una divertita (e divertente) danza della morte. Nel suo primo vero musical Tim Burton opta per una tavolozza tendente al bianco e nero - o meglio un appropriatissimo blu notte - che serve al regista per esplicitare il malessere esistenziale incarnato dal suo protagonista, attraverso lo sguardo perennemente occluso di Depp; le ambientazioni di Dante Ferretti e i curatissimi costumi disegnati da Colleen Atwood concorrono a definire i lineamenti di una Londra squallida e amorale, dove anche l’insaziabile vendetta di Todd non può essere completamente condannabile.  La splendida scena finale ristabilisce l’equilibrio degli estremi, e Burton si congeda con un’ineffabile e macabra pietà.

 


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