Che cos'è La tigre e la neve? È semplicemente un voler riproporre la fortunata formula de La vita è bella, come si legge da molte parti? È un capolavoro al pari del film citato? È un film che presenta delle pecche a livello di sceneggiatura? Apparentemente l'idea di partenza sembra essere simile a La vita è bella: un film che riusciva nel miracolo di far sorridere parlando di una tragedia, una favola capace di dare speranza in un luogo che ne è totalmente privo - come un lager -, un inno alla vita che scaturiva da un simbolo di morte. In questo, La vita è bella poteva essere paragonato a un classico come Il grande dittatore di Chaplin. Anche ne La tigre e la neve c'è una storia personale calata nel quadro più grande della Storia con la S maiuscola: quella di Attilio, poeta innamorato di Vittoria, che decide di partire per l'Iraq - dove nel frattempo è scoppiata la guerra - quando viene a sapere che lei si trova lì, è stata ferita ed è in coma.
Guardando il film però ci accorgiamo che la ricetta non è proprio quella de La vita è bella: gli ingredienti sono dosati in modo diverso. La guerra in Iraq non è il fulcro della vicenda, come lo era il Nazismo: è piuttosto un espediente (è anche mostrata, in alcuni aspetti, seppur non in tutto il suo orrore, ma è giusto che sia così nel rispetto del tono del film), un ostacolo enorme per far risaltare la forza di volontà di chi ama. Perché è proprio l'amore, quello totale e incondizionato, ad essere al centro del film. E La tigre e la neve è soprattutto una grande storia d'amore, prima ancora che un film comico: e infatti le gag sono "poche" rispetto a quello che ci si potrebbe aspettare. Certo, i momenti di riflessione non mancano, e a Benigni bastano pochi tocchi per far anche riflettere: come nella scena del posto di blocco, quando chi guarda non può non pensare alla morte di Nicola Calipari nella vicenda legata al rilascio di Giuliana Sgrena.
Ma chiediamoci ancora: com'è una poesia? Non è certo facile da leggere come un racconto in prosa, non segue un filo lineare di narrazione, ma colpisce con immagini forti, evocative. Che devono essere sottolineate, anche con ripetizioni. La poesia vive di sensazioni, turbamenti d'animo, non è un racconto logico e semplice. E da sempre è sostenuta da una sincera ispirazione, spesso dall'amore. La tigre e la neve è proprio una poesia trasportata su pellicola. Come era poesia quella degli stilnovisti, quella di Dante, che Benigni ama tanto, quella che cantava l'amore ideale: osservate come si guardano con passione i due innamorati. Vittoria, cioè Nicoletta Braschi, è la musa, la donna gentile, la Beatrice di Benigni, cor gentile disposto a tutto per lei. Quello cantato ne La tigre e la neve è insomma l'amore che ognuno vorrebbe vivere: ancor più alla luce della sorpresa finale, che non riveliamo per chi non avesse ancora visto il film.
Il consiglio è quello di abbandonarsi ai "versi" in immagini di questo film, non facendo caso a qualche difetto di sceneggiatura, e di farsi contagiare dalla vitalità e dalla voglia di amare che La tigre e la neve trasmette. Non vi si può resistere. Perché "al cor gentil rempaira sempre amore".
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