Nord PDF 
Simone Dotto   

Se è facile intuire il motivo per cui i popoli eschimesi abbiano diversi termini per indicare altrettanti tipi di neve, non si capisce invece per quale strana ragione storico-idiomatica la lingua inglese annoveri una parola particolare per definire chi è colpito da cecità da neve: snowblind. Si tratta, in effetti, di un vocabolo dalla composizione semplicissima, ma che non trova corrispettivi efficaci nei nostri dizionari. Il protagonista di Nord, Jomar, è snowblind: o, meglio, lo diviene non appena abbandona il covo nel quale si è costretto durante gli ultimi anni di vita. Psicologicamente segnato da un incendio che lo sorprese e lo incastrò all’interno di un tunnel, Jomar è rimasto da allora preda di una vita solitaria e inattiva. L’arrivo inaspettato dell’ex amico che gli rubò la donna, l’inevitabile scazzottata e, soprattutto, la notizia di un figlio sconosciuto là fuori lo obbligheranno a ri-uscire allo scoperto per affrontare nuovamente la realtà.

È a questo punto che Jomar diventa snowblind e che, impossibilitato a proseguire il viaggio con la sua motoslitta, bussa alla porta di una ragazzina disposta a dargli ospitalità nel buio del suo “covo” personale. Da qui in poi sarà una sequenza di incontri formativi, non ordinati secondo l’età dei personaggi ma comunque rappresentativi ciascuno di un particolare stadio della vita: si va, infatti, dal giovane meccanico e gran bevitore fin giù al vecchio saggio che sente la fine avvicinarsi a grandi passi, prima di un inevitabile incontro finale e decisivo, sul quale però la regia decide efficacemente di sfumare. Sono proprio questo epilogo ad effetto e  il carattere taciturno della sceneggiatura a far apparire Nord un lavoro più laconico ed ermetico di quanto effettivamente non sia. Langlo, che di professione fa il documentarista, è a più riprese tentato dal cedere la parola (e l’obiettivo) alle grandi distese innevate. Poi, come impaurito dalle regole del cinema di finzione, sceglie di appoggiarsi a canovacci ultra collaudati, come quelli da bildungsroman che spesso innervano le storie dei road movie. Sintomatico, a questo proposito, che la colonna sonora firmata dagli International Tussler Society (da Tondhreim, ma americanisti fino al midollo) abbia l’aspetto di una lunga cavalcata country & western, tutta banjo e fidale …

Incontri come tappe di crescita e rinascita umana, la strada metafora della vita, una casa che brucia come rinuncia ad un passato che opprime, la snowblindness, che è paura di vedere la luce e il mondo esterno, l’incidente in galleria e quello sentimentale che impedisce di continuare a vivere, il freddo dei ghiacci e il freddo nell’anima … Snocciolati e rimessi in fila così come appaiono nel corpo del film, i leitmotiv di Nord fanno una magra figura, ritriti come sono. E se, malgrado una cronica assenza di trovate, la pellicola lascia comunque un gradevole ricordo nella memoria dello spettatore, lo si deve alla parte visiva in sé. Difficile risalire alle reali intenzioni dell’autore quando girava i tanti campi lunghi sulle distese innevate norvegesi, se abbia potuto di più l’autentico amore per il paesaggio che si andava raccontando o la consapevolezza di dover apporre una patina paradocumentaristica e pseudoautoriale a dissimulare le magagne strutturali del film. Ma proprio quelle sequenze, che documentaristiche non sono, perché non c’è frazione di realtà che riesca a infiltrarcisi, coincidono con la parte del film che fa girare tutto il resto. E pure nella loro programmaticità e prevedibilità un po’ da cartolina riescono ad accordarsi con il mood del protagonista e a conferire al tutto un aspetto malinconico e suggestivo che va ben oltre i meriti del plot.

Contrariamente ad ogni principio di etica critica che andrebbe qui sostenuto, la chiave per godere della visione di Nord è quella di fermarsi alla superficie, senza andare troppo a scavare sotto la neve, con qualche malriposta pretesa di analisi strutturale. Anche se si tratterà di un trucchetto destinato a scadere dopo non più di un paio di visioni, in questo caso vale la pena di limitare lo sguardo e di farsi abbagliare dalle apparenze. Scegliere di essere snowblind, almeno per una volta.

TITOLO ORIGINALE: Nord; REGIA: Rune Denstad Langlo; SCENEGGIATURA: Erlend Loe; FOTOGRAFIA: Philip Øgaard; MONTAGGIO: Zaklina Stojevska; MUSICA: Ola Kvernberg; PRODUZIONE: Norvegia; ANNO: 2008; DURATA: 78 min.

 


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