Kriegerin PDF 
Elisa Cuter   

“Kriegerin” in tedesco significa “guerriera”. Se si digita il termine su Google compaiono subito immagini di combattenti celtiche, un po' Xena un po' Il signore degli anelli per intenderci, appartenenti a quell'iconografia tra il fantasy e il mitologico che i gruppi di ispirazione neonazista stanno facendo propria negli ultimi anni. E proprio di questi gruppi tratta il film di David Wnendt, da febbraio in programmazione a Berlino e presentato in questi giorni anche al RIFF, il festival indipendente di Roma.

Più in particolare, questo film, fatto di pochi dialoghi e lunghi silenzi interrotti solo dall'esplodere della musica hard bass e white power rock sparata dalle autoradio, si sofferma sulla vicenda di Marisa, una ventenne di una cittadina di provincia dell'ex DDR, dove negli ultimi anni il fenomeno del neonazismo sta avendo paradossalmente la risonanza maggiore. Marisa è affiliata a uno di questi gruppi, che sembrano l'unico canale di sfogo per la rabbia di tanti giovani che condividono con lei un presente isolato e limitante, un futuro incerto e senza prospettive professionali - anche a causa di una crisi della quale, ovviamente, incolpano gli immigrati - , e un passato spesso inquietante, rappresentato qui dal nonno della ragazza, ex ufficiale nazista violento con la figlia ma amorevole con la nipote, che ha educato secondo le regole del suo credo mai rinnegato. La frustrazione che caratterizza l'esistenza di Marisa la conduce a fare della violenza una scelta di vita, non soltanto ideologica, come manifestano i suoi tatuaggi con le svastiche (ufficialmente illegali in Germania, e perciò coperti in pubblico da un cerotto), ma anche vissuta nella pratica, quella standard che ci si aspetterebbe in questi ambienti: abuso di alcool, propensione alla rissa, raid di pestaggio organizzati sui mezzi pubblici contro tutti coloro che, come dice Marisa, "rovinano il suo paese": immigrati, ebrei, omosessuali... Il film si svolge però, forse in modo un po' prevedibile, nella fase del processo di maturazione e cambiamento della ragazza, che avviene soprattutto attraverso l'incontro con un ragazzino afgano che non parla tedesco, di cui è convinta di aver ucciso il fratello investendolo volontariamente in macchina. Ma se il senso di colpa, il rimorso di coscienza che è in fondo l'ultimo segno di umanità, è quello che salva Marisa dal baratro morale, portandola ad aiutare il ragazzo e ad allontanarsi dal gruppo, non bastano a salvarle la vita: il suo compagno si fa molti meno scrupoli di lei, e per vendicarsi del suo oltraggio le spara senza una parola un colpo di pistola nel petto.

Prima di girare questa sua opera prima, che è anche il suo lavoro di laurea alla scuola di cinema di Potsdam, Wnendt ha seguito da vicino, rischiando in prima persona, parecchie manifestazioni neonaziste per tentare di capire come funzionino questi gruppi di estremisti, ma soprattutto cosa spinga tanti giovani a entrare a farne parte. Forse, però, anche in questo contatto ravvicinato non ha trovato delle vere risposte. Permane in questo film una sensazione di incredulità, non si entra realmente in empatia con i personaggi, forse perché è impossibile comprendere e identificarsi realmente se non si vive la stessa realtà. O forse il senso di estraneità che la pellicola comunica è dovuto alla persistenza di un passato che è ancora troppo ingombrante per consentire ai tedeschi, forse giustamente, di andare oltre al rifiuto e alla condanna senza appello di chiunque lo voglia riattualizzare. Per questo motivo, il limite del film sembra essere da un lato la sua esemplarità di parabola educativa, e dall'altro la distanza con la quale invece si accennano soltanto, con uno stile asciutto e sobrio ma non abbastanza partecipe, alcune caratteristiche di questi gruppi e le loro contraddizioni. Una di queste è, ad esempio, una curiosa forma di attaccamento viscerale alla natura e di irriflesso animalismo, elemento non nuovo alla cultura tedesca, ma sinistramente presente anche nell'adorazione di Adolf Hitler per il suo pastore tedesco femmina, Blondie, e in questi giovani, capaci di picchiare a sangue una coppia di cinesi ma assolutamente premurosi nel bagnare ogni giorno le piante in casa, e che per fomentare l'antisemitismo proiettano alle feste alcuni video sulla pratica della macellazione kasher. Così come sfuggente ed eccessivamente stilizzato è il personaggio di Svenja, la ragazzina più giovane che prende Marisa a modello nell'avvicinarsi al gruppo. Una scelta che per lei è intesa solo come una forma di ribellione, generica ma totale, all'autorità famigliare, senza comprendere di stare entrando a far parte di un mondo ancor più rigidamente gerarchizzato. Anche la presenza di una manipolazione e una canalizzazione della tensione sociale dall'alto, intuibile nella figura dell'uomo adulto che presenzia ai ritrovi e fornisce le armi ai ragazzi, è soltanto accennata.

Il tentativo di Wnendt, tuttavia, è sincero. Lo dimostrano i lunghi primi piani delle due ragazze, l'unica cosa sulla quale la regia non si stanca di indugiare, e che riesce a registrare i cambiamenti speculari delle due ragazze: lo sguardo di Marisa, che da teso si fa via via dubbioso, inerme, infine di nuovo determinato, e quello di Svenja, da annoiato a sprezzante, e infine confuso, smarrito, quando giace sulla spiaggia accanto al cadavere dell'amica. Senza volerne fare un discorso di genere, quello che questo film rappresenta, anche visivamente nella sua tragica conclusione, sembra essere proprio una riflessione sul ruolo delle donne - sempre più numerose - all'interno di questo fenomeno. Forse, sembra dire il regista, la scelta di unirsi a gruppi di estrema destra, per le donne, è ancora più assurda: perché in un mondo dove regna la legge del più forte, non c'è posto per loro. Per fortuna.

Titolo originale: Kriegerin; Regia: David Wnendt; Sceneggiatura: David Wnendt; Fotografia: Jonas Schmager; Montaggio: Andreas Wodraschke; Scenografia: Jenny Rösler; Musiche: Johannes Repka; Produzione: MaFilm Martens Film-und Fernsehproduktions GmbH, Das Kleine Fernsehspiel, Hochschule für Film und Fernsehen 'Konrad Wolf'; Durata: 100 min.; Origine: Germania, 2011

 


#01 FEFF 15

Il festival udinese premia il grandissimo Kim Dong-ho! Gelso d’Oro all’alfiere mondiale della cultura coreana e una programmazione di 60 titoli per puntare lo sguardo sul presente e sul futuro del nuovo cinema made in Asia...


Leggi tutto...


View Conference 2013

La più importante conferenza italiana dedicata all'animazione digitale ha aperto i bandi per partecipare a quattro diversi contest: View Award, View Social Contest, View Award Game e ItalianMix ...


Leggi tutto...


Milano - Zam Film Festival

Zam Film Festival: 22, 23 e 24 marzo, Milano, via Olgiati 12

Festival indipendente, di qualità e fortemente politico ...


Leggi tutto...


Ecologico International Film Festival

Festival del Cinema sul rapporto dell'uomo con l'ambiente e la società.

Nardò (LE), dal 18 al 24 agosto 2013


Leggi tutto...


Bellaria Film Festival 2013

La scadenza dei bandi è prorogata al 7 aprile 2013 ...


Leggi tutto...


Rivista telematica a diffusione gratuita registrata al Tribunale di Torino n.5094 del 31/12/1997.
I testi di Effettonotte online sono proprietà della rivista e non possono essere utilizzati interamente o in parte senza autorizzazione.
©1997-2009 Effettonotte online.