L'ultimo Valzer PDF 
Aldo Spiniello   

Image 25 novembre 1976, giorno del Ringraziamento. Una data epocale per i fanatici del rock, in ogni caso emblematica per la storia musicale del ventesimo secolo. Al Winterland Arena di San Francisco si tiene The Last Waltz, il concerto di commiato di The Band, il mitico gruppo canadese supporto di Bob Dylan, composto da Robert Robertson, Rick Danko, Garth Hudson, Richard Manuel e Levon Helm. Un appuntamento che si trasforma in vero e proprio evento, grazie alla presenza amica di molti dei grandi protagonisti della scena musicale americana, degli anni ’70 e dei tempi a venire. Dylan, certo, ma anche Ronnie Hawkins (il primo ad avvalersi del supporto di The Band), l’immenso Neil Young, Neil Diamond, Van Morrison, Joni Mitchell, Eric Clapton “Mano lenta”, il blues man Muddy Waters, Ringo Starr, Dr. John, Paul Butterfield. Per non parlare degli interventi poetici di Michael McClure e Lawrence Ferlinghetti. E, a immortalare il tutto, Martin Scorsese, convinto dal manager Jonathan Taplin e dallo stesso Robertson a documentare il concerto.

ImageUna proposta che giunge quasi come un atto dovuto, ineluttabile. Non a caso, Scorsese era stato aiuto regista di Michael Wadleigh per Woodstock – Tre giorni di pace, amore e musica (1970) e, sin dagli esordi, aveva sempre mostrato una sensibilità particolare nell’utilizzo (anche indiretto) della musica. Basti pensare solo alla colonna sonora di Mean Streets, che mescola le Ronettes, i Rolling Stones, Clapton, Caruso…Nello stesso periodo, tra l’altro, il regista italo-americano è impegnato nel suo personalissimo omaggio al mondo del musical con New York, New York. Un incontro inevitabile, dunque. E Scorsese riprende The Last Waltz con uno spiegamento di mezzi impressionante: sette cineprese da 35 millimetri, la direzione della fotografia affidata a Michael Chapman (complice del miracolo Taxi Driver), una registrazione su 24 piste sonore. L’obiettivo è quello del controllo completo, nell’intento di una ricostruzione, a posteriori, di una vera e propria messinscena registica, attenta ai rapporti spaziali e alla lettura dell’“azione” sul palco, ottenuta tramite il gioco dei piani, i movimenti di macchina, il montaggio. Il risultato è che L’ultimo valzer non è più la testimonianza di un concerto, ma un film in senso pieno, ricondotto nell’alveo di una cifra autoriale.

ImageA riportarci “evidentemente” al documentario sono le interviste ai membri del gruppo, le conversazioni con Robertson e compagni, le testimonianze sulla musica e sul clima dell’epoca, fatto di sogni di libertà e spettri di paradisi artificiali, un’avventura lunga sedici anni condensata nei piccoli grandi aneddoti, nei racconti sui personaggi, a volte divertenti, a volte tragici. Ma lo sguardo di Scorsese è sempre teso alla ricerca di una traccia narrativa, capace di trasformare un pezzo di storia della musica in una storia da raccontare. Tutto è ricondotto a un senso voluto. Si costruisce così un percorso attraverso il sogno generazionale di un intero Paese, una free way (per dirla con Joni Mitchell) che assume una vera e propria valenza geografica, trasformandosi in un viaggio on the road che parte dalle immagini iniziali di San Francisco, passa per il Canada e Memphis, per arrivare sino a New York, richiamata dalle parole e dai ricordi o da un semplice poster in uno studio di registrazione. Nella sua apparente immobilità, nel suo essere “costretto” in un luogo, paradossalmente, The Last Waltz diviene un avvincente coast to coast, e Scorsese, come in un suo personalissimo Nashville, riflette con la musica sull’imminente vecchiaia dell’America, sulle sue trasformazioni e crisi.

ImageBob Dylan, con la sua voce sempre più lacerata, canta Forever Young, ma quel sogno di un paradiso da costruire è destinato a finire, a dichiarare la sua resa nello scontro con la realtà. Lo si capisce già quando i due ballerini, stretti in un valzer, cancellano i titoli di testa. Ancor più quando i bui improvvisi arrivano a scandire il montaggio. Nel finale Robertson, attonito, fa la conta dei morti, di quanti sono rimasti sul campo per la loro idea d’eterna giovinezza. Anche Scorsese ha rischiato la caduta. È un sopravvissuto, che ha resistito al “nostro panico quotidiano”.


SCHEDA FILM

TITOLO: L’ultimo valzer; REGIA: Martin Scorsese; SCENEGGIATURA: -; MONTAGGIO: Jan Roblee, Yee Yeu-bun; FOTOGRAFIA: Michael Chapman; MUSICA: -; PRODUZIONE: USA; ANNO: 1978; DURATA: 87 min.

 


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