Afghanistan on screen - The kiterunner & Buddha collapsed out of shame PDF 
Marco Miraglia   

Una storia di rispetto tra gli uomini e razzismo religioso, dall’occupazione dell'Afghanistan da parte dei russi, alla recente occupazione americana. Amir e Hassan, legati da amicizia e contratti di servitù vengono divisi quando il primo fugge dai comunisti in Pakistan e poi in America, dove vivrà felice ma col rimorso di non aver aiutato l'amico durante un'increscioso incidente. Si “rincontreranno” solo dopo venti anni, quando Amir tornerà indietro, e scoperta a Kabul la tragica sorte di Hassan, ucciso dai talebani, decide di adottare suo figlio...

Il riassunto qui sopra non rende troppo della romanzatissima trama di The kiterunner, che complice la sceneggiatura di tal David Benioff (che già ci aveva disgustato con Troy) assume lo spessore di quei libracci dalle grosse copertine di cartone, grosso interlinea, grossi caratteri e grosso nome d’autore americano, che infestano da sempre librerie e spiagge estive. Questo film sembra un viaggio turistico in Afghanistan per piantarci la bandierina americana di primo film “democraticamente corretto” (ed economicamente) girato in terra "liberata".

Da ogni inquadratura, trasuda una rivoltante e ottusa felicità nella ricerca dell’esotismo. Marc Forster sembra talmente divertito dal poter giocare con la sua nuova e curiosa scenografia locale, che si intuisce chiaramente lo sciacallaggio delle immagini e l’irriverenza verso quella terra, costretta a vedersi intitolare alla capitale un film posticcio come la barba di Khalid Abdalla a fine film, e di cattivo gusto come l’inutile ed indecente (e mal girata!) scena di sodomizzazione di Hassan da parte di un ragazzo mussulmano. Dall’incipit felice e raggiante di una Kabul libera dai Russi Comunisti cattivi e dagli ancora più cattivi talebani (dove la sfida di aquiloni, a metà strada tra una partita di quidditch e una gara tra mini4wd tamiya, strappa qualche sorriso) il testimone passa a una serie incontrollata di campi controcampi strapieni di buonismo filoamericano, che inevitabilmente contagierà anche il nostro (piuttosto piatto) eroe. La fine è vicina, nonostante la voglia incontrollabile di uscire dalla sala, e Amir ci regalerà le ultime risate nervose quando riscatterà il bambino niente di meno che da un fortino talebano! Ma il film era già durato troppo e il regista era visibilmente già stanco del nuovo giochino Afghano: l’inquadratura subito dopo l'azione alla Indiana Jones è un campo lunghissimo, e macchina alla frontiera che torna comodamente a casa, a mostrare con faccia da schiaffi la nuova cameretta al nuovo bambino.

Sa benissimo di cosa sta parlando invece Hana Makhmalbaf, che con Buddha collapsed out of shame da sfoggio di essere una ragazza prodigio (solo 18 anni per l’afghana regista figlia d’arte) e ci regala un film onesto, corretto, e dalle metafore più sublimi nella critica al regime talebano e ai veri problemi (non quelli da romanzo e da campagna elettorale) di un paese povero e martoriato. La storia è di una leggerezza commovente, e racconta le dolci terribili disavventure di una minuscola bambina desiderosa di andare a scuola, all’ombra dei giganteschi buddha esplosi dall’euforica ignoranza talebana nel 2001. Bakhtay, la bambina protagonista, è la paziente impotenza del sogno di cambiamento in una terra arida e analfabeta, che non sa come leggerli, i sogni.

Il suo vicino di casa: Abbas, recitando a voce alta l’alfabeto prima e un libro di racconti poi, le metterà nel cuore il desiderio di ricercare nell’istruzione scolastica la capacità di immaginare una vita diversa, di immaginare giochi differenti da quelli dei ragazzi talebani, chiassosi monellacci che mimano prima la jihad e poi l’esercito americano sparando da ritorti bastoni di legno. E’ Il quaderno l’unica arma di Bakhtay, arma passiva, motore di tutto il movimento attorno alla piccola apprendista studente da quando decide di incamminarsi da sola fuori dalla sua grotta. Quaderno che durante la giornata verrà sacrificato, pagina per pagina, lacrima dopo lacrima, alla terra e alla gente che non ne comprende il suo significato. Ma come ogni sacrificio, esso si rivelerà fonte di creazione, ed ogni pagina strappata prenderà la forma di origami, accompagnandoci insieme a Bakhtay nella scoperta di una terra dal grande cuore, ferito a sangue con la distruzione dell'immaginazione sacra che se ne prendeva cura da secoli...

Colpito alla fantasia e negato della sua trascendenza, l'Afghanistan vive in attesa. Fotografia semplice, piacevole e colorata; recitazione naturalista per ovvie ragioni economiche, ma proprio per questo di incredibile valore cinematografico! Buddha collapsed out of shame, per la sua particolare condizione scenografica, politica e di "carattere", rimanda il cinema verso una memoria neorealista, prendendosi invisibile cura dei suoi personaggini come di ogni piccolo accadimento “casuale”. Alla luce di Buddha collapsed out of shame, girato da 16 persone compresi gli attori (!) The Kiterunner, manieristico spreco di soldi, tempo e cultura, non avrebbe neppure il diritto di essere girato.

 


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