Quattro anni dopo The Millionaire, ecco un nuovo film britannico che guarda all’India. Là dove il film di Danny Boyle confezionava un perfetto spettacolo “per occidentali” attraverso una (insipida) riscrittura del melodramma bollywoodiano - con tutti i sensazionalismi del caso -, questo Marigold Hotel vorrebbe essere una scanzonata e coloratissima commedia dai toni agrodolci, finendo per risolversi però in un film rigido, prevedibile ed eccessivamente “studiato”. Troppo macchinoso per poter veramente divertire, troppo superficiale per giungere all’essenza dei suoi presupposti, Marigold Hotel è tutt’ora, comunque, campione d’incassi in Inghilterra. Il cast d’eccezione (e, bisogna ribadirlo fin da subito, straordinario) non basta tuttavia a giustificare una pellicola non completamente risolta. Un film che, una volta usciti di sala, lascia molto perplessi.
Un gruppo di pensionati inglesi decide di cambiare vita e di trasferirsi nel lussuoso Best Exotic Marigold Hotel, in Rajasthan. Il gruppo di persone è assolutamente eterogeneo: ne fanno parte la vedova Evelyn, il giudice Grahm, le coppie composte dai litigiosi Jane e Douglas e dai romantici Norman e Madge, e Muriel, in India per sottoporsi a un intervento. Giunti sul posto scopriranno che il lussuoso hotel è ancora in fase di realizzazione. Tuttavia, nonostante i lavori debbano ancora essere completati, il gruppo decide di restare. Conosceranno così, a poco a poco, un luogo misterioso e affascinante, che li metterà in gioco ancora una volta, nonostante l’età ormai avanzata. Nel film, tutti hanno un motivo per intraprendere questo viaggio e lasciarsi alle spalle la vita passata. I personaggi sono tutti puntualmente caratterizzati, ed è messa in luce ogni personale motivazione. Eppure, tutto sembra risolto alla stregua del semplice cliché. Le caratterizzazioni sono di “grana grossa” e il film procede per situazioni, senza mai avere un vero e proprio sviluppo narrativo. Si potrebbe dire, infatti, che dopo il primo quarto d’ora, lo spettatore è già in grado di capire quale piega prenderà il film. Un problema spesso comune a quelle pellicole che basano la propria sceneggiatura unicamente sulla “trovata” - in questo caso il gruppo di vecchietti british in un contesto orientale - per poi costruirci intorno una storia.
Anche se il film tenta l’incursione in una tema “forte” come quella della vecchiaia, si rimane in superficie, dove a trionfare è il paesaggio, ritratto con toni “da cartolina”. Manca, infatti, la genialità di un Wes Anderson, che ne Il treno per il Darjelling è riuscito a unire la ricerca interiore dei personaggi con il loro viaggio in India, senza mai cadere nel mero estetismo, ma trovando, nei colori e nella vitalità della cultura indiana, un perfetto rimando alla sua originalità espressiva. L’anonimo Madden non può invece che affidarsi unicamente alla bravura degli attori (tutti dei veterani degli schermi inglesi, tra i quali bisogna almeno ricordare nomi come Judi Dench, Bill Nighy, Tom Wilkinson e Maggie Smith) per far dimenticare tutta la carenza di originalità nella storia e nell’intreccio.
Titolo originale: The Best Exotic Marigold Hotel; Regia: John Madden; Sceneggiatura: Ol Parker; Fotografia: Ben Davis; Montaggio: Chris Gill; Scenografia: Alan MacDonald; Musiche: Thomas Newman; Produzione: Fox Searchlight Pictures, Participant Media, Imagenation Abu Dhabi FZ, Blueprint Pictures; Distribuzione: 20 Century Fox Italia; Durata: 124 min.; Origine: Gran Bretagna, 2011
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