Vincenzo Cerami, o dello scrivere per Il cinema PDF 
di Roberto Moliterni   

Vincenzo Cerami non ha bisogno di presentazioni, eppure, volendogliela proprio fare, risulterebbe impossibile riassumerne in pochissime righe la ricchissima carriera nonché vita. Della sua vita forse basterebbe ricordare che ha iniziato a scrivere sotto la spinta di un professore di italiano delle scuole medie un po' particolare: Pier Paolo Pasolini. Della sua carriera forse basterebbe solo dire che sua è la sceneggiatura dell'ultimo film italiano che abbia avuto un certo successo internazionale e abbia vinto Oscar (ben 3, il film è naturalmente "La vita è bella" di Roberto Benigni). Questo proprio per non dire che Fellini stava lavorando ai suoi ultimi progetti con lui.

Abbiamo avuto il piacere – e la fortuna, perché di tale condizione si tratta quando si può interagire con personaggi di tale calibro umano e professionale –di fare un tratto di strada e due chiacchiere con lui sul nuovo film con Benigni, sul cinema in generale, sui nuovi talenti.

Domanda d'obbligo: qualche anticipazione su "La tigre e la neve"…
Onestamente io non posso dire di più di quello che già sappiamo, perché non sono autorizzato a dire di più.

La picchiano?
No, no… contrattualmente non posso farlo. Però posso dire in più che il film è finito e che le immagini son venute fuori come le avevamo pensate già da quando abbiamo lavorato a Roma in uno studio. Anzi Benigni le ha arricchite ancora di più. Insomma, ci rendono molto contenti. Gli attori sono straordinari, lui è in forma, è molto ispirato, quindi il personaggio dovrebbe essere venuto bene. Adesso stanno al montaggio e si dovrà vedere come dare il giusto ritmo al film.

Ha qualche difficoltà a lavorare con Benigni?
Questo è il sesto film che faccio con lui. Avevo qualche difficoltà nel primo perché ci dovevamo conoscere, ci studiavamo, lui studiava me, io studiavo lui, cercando di trovare il linguaggio giusto per capirci. Ci fermavamo a discutere ad ogni singola inquadratura, poi dopo, ad un certo momento, ci siamo lasciati andare e abbiamo fatto sei film .

I comici dicono che da quando c'è Berlusconi è più facile fare il loro mestiere. In questa situazione, sia guardando il livello nazionale che quello internazionale, per scrivere i film invece com'è? E' più facile o difficile?
Probabilmente è vero che con una figura come Berlusconi quelli che fanno satira politica avrebbero materia per essere irriverenti, per fare il loro mestiere di sempre, però il problema è che non lo possono fare perché gli spazi in cui potrebbero farlo sono quelli di Berlusconi. Quindi non lo possono fare.
Per quanto riguarda il cinema non c'entra niente. Il cinema ha dei problemi che sono ormai annosi. Il cinema italiano in particolare sta conoscendo un momento molto difficile e speriamo che si riprenda, ma non sarà facile perché quello che non funziona non sono le idee, non sono gli artisti, ma sono soprattutto le strutture produttive e il mercato. Il mercato del cinema italiano perde competitività di anno in anno e quello americano è ormai totalizzante. E' quindi una lotta difficile.

Com'è dopo Cecchi Gori? Si è avvertito il colpo?
Cecchi Gori è stato un grande produttore, anche la famiglia. Il padre è stato una colonna portante del cinema italiano. Soprattutto per come aveva impostato il mercato. L'unica cosa è che sia padre che figlio si sono mossi in un'azienda come il cinema italiano che non era ben strutturata, ognuno lavorava per conto proprio, faceva i soldi e con i soldi che guadagnava o produceva o ci comprava le ville. Mentre invece in Francia, dove il cinema è ancora molto forte, c'è stata un'azienda-cinema che funzionava perché c'era obbligo di reinvestire. Soprattutto si faceva attenzione che non ci fosse concorrenza sleale da parte della televisione. Insomma si sono difesi come azienda, invece in Italia si son venduti tutti i film alla televisione. Adesso piangono, si lamentano però in verità sono stati loro che hanno nutrito la televisione svuotando tutti i magazzini.

Quante sceneggiature di aspiranti scrittori riceve ogni mese?
Mi arrivano molte sceneggiatura, molti romanzi, poesie, racconti e son contento perché vuol dire che c'è molta vitalità, molta voglia di esprimersi. Io quando posso li leggo. Purtroppo non posso leggerli tutti perché dovrei fare solo quello come mestiere, ci vuole tempo. Solo per leggere un manoscritto mi porterebbe via un mese e io non c'ho tanto tempo. Eh!

Insomma, lei che ha esperienza in questo campo [NdR: ha scritto un 'manuale' di scrittura creativa: "Consigli ad un giovane scrittore"], come vede veramente il futuro di tutti questi aspiranti scrittori, aspiranti registi, aspiranti attori… sembra un mondo di cocainomani!
[Ride] No… poverini, no…

No, è che faccio dell'autoironia…
Ah… Io credo che è lecito che abbiano questa aspirazione, ma quando è sana, cioè quando c'è veramente voglia di esprimersi, di raccontare il mondo. Ecco, quando c'è sincerità. Se invece si pensa di farlo semplicemente per avere lo status symbol, andare in televisione o fare le veline o cose del genere, tutto questo li penalizza, li fa star peggio e puntualmente li frustrerà, li farà sentire falliti.

Ultima domanda, un po' libera: la domanda che si aspetta da anni che un giornalista le faccia.
La domanda che mi aspetto da anni che un giornalista mi faccia…veramente… piacerebbe a me farle le domande ai giornalisti!

 


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