Il cuore grande delle ragazze PDF 
Viviana Eramo   

A poca distanza dai recentissimi Una sconfinata giovinezza e Il figlio più piccolo, Pupi Avati torna alla commedia della memoria dirigendo una storia d’amore (giovane) nell’Italia degli anni Trenta. Lasciati da parte i toni drammatici e quelli più smaccatamente critici, l’autore emiliano torna ad arricchire il proprio personalissimo amarcord con un film (apparentemente) scanzonato. Il cuore grande delle ragazze rielabora la storia vera dei nonni del regista, mettendo in scena la storia del colpo di fulmine tra Carlino (l’esordiente al cinema Cesare Cremonini) e Francesca (Micaela Ramazzotti), figli rispettivamente di un mezzadro e del suo proprietario terriero, sullo sfondo della campagna italiana degli anni Trenta. I due (non) promessi sposi, più che configurarsi come protagonisti a tutto tondo, sembrerebbero il pretesto per raccontare un microcosmo bucolico fatto di pulsioni sessuali non reprimibili, rapporti complicati col potere e con l’immagine pubblica, dove il maschilismo dilagante genera zoppicanti rivendicazioni di autonomia del gentil sesso.

La pellicola di Avati, così, rappresenta un viaggio attraverso i modi di dire e pensare di diverse generazioni fa, restituendo il sapore antico di certe ingenuità, cattiverie, buoni e cattivi costumi di un’Italia lontana, almeno cronologicamente. Il sapore e l’odore di tempi andati è ricostruito soprattutto attraverso una struttura narrativa fortemente tradizionale (con tanto di Alessandro Haber come voce narrante) che procede non tanto verso la completezza dei numerosi personaggi che abitano il film, quanto nel disseminare il racconto di piccoli o grandi fatti riconducibili a un’età lontana dai nostri giorni, con una (voluta) approssimazione per certi versi favolistica. In questo senso, l’alito di biancospino del protagonista, il fulmineo innamoramento dei due, le “circostanze particolari” della dipartita di uno dei personaggi, sono i simpatici stratagemmi con cui il film costruisce il suo universo narrativo. Come sempre, Avati firma un tributo alla memoria non senza scandagliare - con occhio allenato e cinico - i rapporti umani, le convenzioni sociali, le vite fortunate o sfortunate di uomini senza arte né parte. Qui, forse, lo fa con meno profonda amarezza rispetto al passato, quando il regista chiudeva i suoi film calcando la mano sul retrogusto acido di amicizie, esistenze e valori non proprio felici. Qui, invece, al di là e oltre il lieto fine che chiude la pellicola, il cinismo si configura piuttosto nelle fattezze di uno sguardo beffardo su ciò che è messo in campo, prendendosi gioco, per esempio, delle concezioni di amore, sesso e morte, della cultura dell’immagine pubblica, dei dettami che regolano implicitamente e esplicitamente una società retrograda, eppure rassicurante. In questo senso la contrapposizione di genere tra uomini prepotenti, libertini e ciechi a donne agguerrite, col cuore grande e detentrici del focolaio domestico, non è uno scontro nel quale Avati chiede allo spettatore di schierarsi, piuttosto è il terreno di un divertissment che permette al regista di costruire la magia di questo universo bucolico, non senza sottolineare gli aspetti quasi grotteschi di un’umanità bizzarra. È per questo che il nostro Pupi dirige il film in maniera piuttosto convenzionale, non senza, tuttavia, confezionare inquadrature sghembe o ravvicinate a simulare una prospettiva distorta su quanto rappresentato.

L’autore emiliano così, per certi versi, raggiunge un equilibrio di fondo tra il brio di una commedia dal sapore antico e la carica subdolamente eversiva che da sempre connota la sua filmografia. Se da una parte - tolte alcune ingenuità, come il doppiaggio in certi casi zoppicante, - il film raggiunge quest’equilibrio, dall’altra perde in forza espressiva, confermando altrove i risultati migliori del nostro autore.

TITOLO ORIGINALE: Il cuore grande delle ragazze; REGIA: Pupi Avati; SCENEGGIATURA: Pupi Avati; FOTOGRAFIA: Pasquale Rachini; MONTAGGIO: Amedeo Salfa; MUSICA: Lucio Dalla; PRODUZIONE: Italia; ANNO: 2011; DURATA: 85 min.

 


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