C'era una volta Tarantino, l'Amorale PDF 
Maurizio Ermisino   

C’era una volta Tarantino, l’Amorale. Il Tarantino che faceva tagliare l’orecchio a un poliziotto in una lunghissima scena di tortura ne Le iene, una scena ispirata al film amorale per eccellenza, Arancia meccanica. Il Tarantino che faceva morire tutti i protagonisti, come in una tragedia elisabettiana, alla fine dello stesso film. Il Tarantino che ci faceva simpatizzare con due killer, Jules e Vincent Vega, in Pulp Fiction, per poi far fare una fine ingloriosa e improvvisa a uno dei due. Il Tarantino che in Kill Bill faceva violentare una donna in coma, e uccidere un’altra donna davanti alla sua bambina. C’era una volta. Ma c’è ancora? Da qualche anno qualcosa è cambiato. Quentin l’Amorale comincia ad amare i suoi personaggi, a sposare una causa. In realtà è iniziato tutto molto tempo fa con Jackie Brown, la prima protagonista a cui l’Autore americano ha iniziato a voler bene, tanto da condurla verso un lieto fine. Così come ha voluto molto, molto bene alla “Sposa”, alias Beatrix Kiddo, la protagonista di Kill Bill, seppur tra gli spettacoli di amoralità varia di cui sopra. Ma è con Bastardi senza gloria, e con il recente Django Unchained, che Tarantino sembra passare in un certo senso “dalla parte del Bene”, come si sarebbe detto una volta, e in maniera comunque semplicistica.

Con Django Unchained, storia di uno schiavo di colore liberato da un cacciatore di taglie e che si unisce a questo per uccidere più bianchi possibile e ritrovare l’amata moglie Broomhilda, per la seconda volta, dopo Bastardi senza gloria, ambienta una storia nel passato e in un preciso periodo storico. Tutte le sue altre storie si svolgevano in un periodo in realtà indefinito, un oggi astratto che, velato dai linguaggi cinematografici e dagli oggetti feticcio usati ad arte dal deus ex machina americano, finiva per sembrare gli anni Settanta o gli anni Quaranta. Magari con un tocco di anni Venti, come il caschetto alla Louise Brookse di Uma Thurman/Mia Wallace. Anche se in realtà sarebbe più corretto dire, come scrive Gabriele Niola su Daily Wired, che quelli di Tarantino sono stati “i primi film a non essere ambientati nella nostra realtà o in una immaginaria ma simile alla nostra, quanto in quella del cinema, gli unici a svolgersi cioè in un mondo che dichiaratamente funziona secondo le regole dei film, un mondo in cui gli aerei hanno lo spazio per la katana, in cui gangster e i cacciatori di taglie sono consapevoli del loro ruolo, in cui si usano locuzioni, termini e modi di dire di altri film e nel quale tutto funziona in maniere già viste in altre pellicole”. Ma il senso non cambia. Nelle sue ultime due opere, Tarantino decide di confrontarsi con la Storia con la S maiuscola. E la sua scrittura fantasiosa e scatenata si confronta con fatti realmente accaduti. Fino a riscriverla, la Storia.

Quello tra la Storia e le sue storie è un incontro che crea dei fuochi d’artificio, scatenando, accanto alla nostra passione cinefila e ludica, anche quella politica e civile. Il gioco di Bastardi senza gloria e Django Unchained sostanzialmente è lo stesso: in entrambi i film, come scrivevamo su effettonotteonline per il primo, la sua violenza, puramente estetica, surrealista e iperbolica, si confronta con quella reale, storica e documentata. Il che finisce per rendere questa violenza più sobria, nel senso che deve fare i conti con i veri morti causati dal nazismo e dallo schiavismo. Ma proprio questo confronto fa sì che la sua violenza diventi “finalmente” coinvolgente e liberatoria. Bastardi senza gloria e Django Unchained sono film catartici, perché la violenza è rivolta contro chi se la merita, i peggiori di sempre, i nazisti e gli schiavisti. E allora la violenza non è fine a se stessa, non è solo ludica e citazionista, ma è una violenza necessaria, perché risponde a un’altra, peggiore violenza, perché vendica dei soprusi. In poche parole, Tarantino diventa “uno dei nostri”, come si sarebbe detto un tempo, si batte dalla parte dei giusti. Spargendo sangue a litri, facendo scoppiare teste, certo, come ha sempre fatto. Ma, proprio perché è dalla parte dei giusti, la sua proverbiale “amoralità” diventa “moralità”. E anche noi godiamo doppiamente. Senza sentirci in colpa perché  ci piace assistere a una testa che salta in aria come nell’auto di Pulp Fiction. Se a saltare in aria sono Hitler o Goebbels, o uno schiavista americano dell’Ottocento, beh, non ci sentiamo in colpa, perché se lo sono meritato. E questa è la giusta punizione.

C’era una volta Tarantino l’Amorale. Tarantino che faceva storia a sé, che creava seguaci, come Robert Rodriguez, e altri non autorizzati, ma non si inseriva mai in una corrente. Certo, Tarantino detta ancora tendenze e non le segue, ma, volendo allargare i suoi Bastardi senza gloria e Django Unchained in un filone più ampio si potrebbe dire che anche Tarantino sia entrato nel cinema dell’era Obama. Nel suo Bastardi senza gloria c’era la voglia di ritrovare un’America che combatteva ancora le guerre dalla parte dei giusti e, a dispetto del titolo del film, era gloriosa. E in Django Unchained c’è ovviamente la voglia di eguaglianza, quel voler superare le barriere sociali e razziali che ha portato all’elezione del primo presidente di colore nella storia americana e che, oggi, ha suggerito a Spielberg l’urgenza di raccontare la storia di Lincoln e della sua battaglia per l’abolizione della schiavitù. E così come è cinema dell’era Obama il film senza celebrazioni sulla cattura di Osama Bin Laden di Katryn Bigelow, Zero Dark Thirty. Se vogliamo spiegare il cinema non solo con il cinema, ma anche con la società e il mondo, possiamo leggere l’ultimo Tarantino anche così.

Tarantino l’Amorale che passa dalla parte del Bene è un grande salto. Come quello che hanno fatto alcuni attori proprio in Django Unchained. Bene e Male in Tarantino a volte si fondono, si confondono, si scambiano di ruolo. Così Christoph Waltz, il terribile Hans Landa, il “cacciatore di ebrei” di Bastardi senza gloria, diventa qui cacciatore di taglie e il migliore alleato di Django nella sua ricerca. E Leonardo Di Caprio, da sempre eroe positivo, al massimo personaggio ambiguo, ma mai villain vero e proprio, arriva qui alla sua prima volta da cattivo vero, con il terribile e odioso Calvin Candy. Due scelte geniali e riuscite che ci ricordano altre grandi intuizioni di Tarantino. Come prendere John Travolta, l’ex Tony Manero, ormai dimenticato, e farne non solo un villain-non villain (sì, è un killer, ma è anche il nostro punto di riferimento nella storia, il nostro protagonista), ma soprattutto un impiastro imbranato e privo di fascino in Pulp Fiction. Oppure  prendere Robert De Niro, che nella sua carriera era stato gangster, psicopatico, Al Capone e addirittura il Diavolo, e farne un ex galeotto fesso e rintronato in Jackie Brown. Anche lo Stuntman Mike di Kurt Russell, villain di Grindhouse, è una scelta che va in questa direzione. La sorpresa, nell’assistere ai suoi film, è anche l’uso di questi personaggi “contro ruolo”.

Tarantino ultimamente sta dalla parte dei buoni, dei nostri, certo. Ma non scordiamoci che lo fa sempre e comunque a modo suo. In questo senso è interessante quello che scrive Gaetano Vallini sull’Osservatore Romano. “È certo un paradosso quello di affidare la parte del "buono", nel caso specifico di colui che uccide un crudele e odioso negriero, peraltro senza conti in sospeso con la giustizia, a un cacciatore di taglie del vecchio west; un cinico bianco che, a tu per tu col fuorilegge ricercato, nella classica scelta "vivo o morto" decide sempre e solo per la seconda opzione. Ma con Quentin Tarantino non c'è da stupirsi: nel suo cinema la morale segue strade particolari, mostrando un senso della giustizia piuttosto rozzo”. E se non fosse rozzo, se la sua morale non seguisse strade particolari ci dispiacerebbe, aggiungiamo noi. Perché forse poi non sarebbe nemmeno più Tarantino. In fondo, la sua “amoralità” in qualche modo rimane. Si è solo leggermente evoluta.

 


#01 FEFF 15

Il festival udinese premia il grandissimo Kim Dong-ho! Gelso d’Oro all’alfiere mondiale della cultura coreana e una programmazione di 60 titoli per puntare lo sguardo sul presente e sul futuro del nuovo cinema made in Asia...


Leggi tutto...


View Conference 2013

La più importante conferenza italiana dedicata all'animazione digitale ha aperto i bandi per partecipare a quattro diversi contest: View Award, View Social Contest, View Award Game e ItalianMix ...


Leggi tutto...


Milano - Zam Film Festival

Zam Film Festival: 22, 23 e 24 marzo, Milano, via Olgiati 12

Festival indipendente, di qualità e fortemente politico ...


Leggi tutto...


Ecologico International Film Festival

Festival del Cinema sul rapporto dell'uomo con l'ambiente e la società.

Nardò (LE), dal 18 al 24 agosto 2013


Leggi tutto...


Bellaria Film Festival 2013

La scadenza dei bandi è prorogata al 7 aprile 2013 ...


Leggi tutto...


Rivista telematica a diffusione gratuita registrata al Tribunale di Torino n.5094 del 31/12/1997.
I testi di Effettonotte online sono proprietà della rivista e non possono essere utilizzati interamente o in parte senza autorizzazione.
©1997-2009 Effettonotte online.