Vivere la realtà per mostrarla: Jaume Balaguerò e Paco Plaza PDF 
Maurizio Ermisino   

“Continua a filmare”. Era una delle frasi che Angela Vidal, la protagonista di Rec, continuava a ripetere al suo cameraman. A rischio di perdere la vita, si deve continuare a filmare. È questo che accade nell’horror in soggettiva creato da Jaume Balaguerò e Paco Plaza: l’uomo, pur di filmare, va incontro al pericolo invece che fuggirlo. Viviamo la realtà per mostrarla: è anche questo che ci racconta Rec 2. Il secondo horror in soggettiva del duo spagnolo apporta alcune varianti all’idea originale, che rendono più evidente un’altra ispirazione di Rec, oltre ai chiari riferimenti al cinema di genere: quella dei videogiochi.

Rec 2 è un film con un budget più alto rispetto a Rec?
J. Balaguerò: Il budget dei due film è piuttosto simile. Quello di Rec 2 è leggermente più alto, ma di poco. Non saprei dire esattamente quanto è costato il film: il budget è cresciuto in funzione del film. Quello che ci tengo a dire è che quello che ci interessava è che lo spirito fosse lo stesso. Con Rec avevamo un budget basso, e volevamo che anche Rec 2 fosse un film di questo tipo.

Quanto è importante la serialità in Rec? E come si può sviluppare?

P. Plaza: Qualunque film potrebbe avere dei seguiti. Noi non siamo mai partiti con l’idea di creare una serie o una saga. Abbiamo fatto il secondo film perché ne avevamo voglia. Quanti film si potrebbero fare? In teoria infiniti. Ma non è il caso di Rec. Per fare un altro film ci vorrebbe un’idea forte, brillante.

Come avete lavorato agli effetti speciali del film?
P. Plaza: In questo secondo Rec ci sono più effetti speciali rispetto al primo. La nostra sfida è stata quella di non pianificare nulla. E l’idea è che deve sembrare tutto il più reale possibile, molto naturale.
J. Balaguerò: La maggior parte degli effetti speciali sono meccanici, sono fatti a livello di trucco. Abbiamo usato poco il digitale: si tratta di piccole aggiunte, di rinforzi, come un po’ di sangue, il fuoco. Ma non abbiamo mai pensato a scene create appositamente in digitale.

Nei vostri film vince sempre il male. È una componente fondamentale di questa società?
P. Plaza: Basta aprire i giornali e vedere i tg per capire come il male regni ovunque. Viviamo in un mondo patetico e crudele.
J. Balaguerò: Una cosa su cui abbiamo riflettuto molto è che nella storia del genere horror il male e l’inganno sono sempre stati importanti.

Avete ascoltato i suggerimenti del pubblico, delle community, per scrivere Rec 2?

P. Plaza: Abbiamo fatto Rec 2 anche per restituire quello che Rec ci aveva regalato. Abbiamo seguito attentamente le reazioni del pubblico su internet. Proprio leggendo i feedback in rete abbiamo deciso di fare il seguito di Rec. Il primo film aveva lasciato molte porte aperte, molti enigmi da svelare. C’erano ancora molte possibilità da esplorare. Così abbiamo voluto dare una risposta al pubblico, ma anche a noi stessi.

Quanto vi siete fatti influenzare dai pareri del pubblico?
J. Balaguerò: Rec è un film d’autore. Nel senso che è nostro. Per Rec 2 abbiamo ascoltato il pubblico, ma non è stato scritto solo seguendo i suoi consigli. Il suo entusiasmo ci ha spinto a fare il sequel. Ci hanno fatto alcune domande che tornavano in modo ricorrente: ci chiedevano soprattutto della creatura che si vede alla fine del primo Rec, all’ultimo piano del condominio. Ci chiedevano chi fosse, e ce lo chiedevamo anche noi. Ma anche Rec 2 rimane un film scritto da noi.

Rec 2 sembra influenzato molto anche dai videogiochi…
P. Plaza: Già nel primo Rec eravamo partiti da una riflessione: che non esistesse niente di più noioso di vedere qualcuno che giocava a un videogioco, mentre giocarci è divertentissimo. Il nostro obiettivo era creare un mondo in cui lo spettatore potesse vivere questo gioco. Nel secondo film non abbiamo fatto altro che approfondire questo aspetto, con riferimenti come la telecamera sul casco dei soldati, i fucili, e uno stile di ripresa che in certe scene ricorda videogiochi come Doom e Call Of Duty.

Cos’è per voi la soggettiva in riferimento alla verità delle immagini?
P. Plaza: Attualmente sembra che ognuno di noi voglia vivere la realtà per mostrarla. Sembra che tutto venga fatto per poi mostrare, filmare e mettere in rete. Noi abbiamo utilizzato la soggettiva per inserire lo spettatore all’interno del film. Che è poi l’idea che avevamo avuto per Rec: volevamo che  lo spettatore fosse immerso nel film e lo vivesse appieno. Rec 2 ha tre punti di vista. Volevamo raccontare lo stesso evento da punti di vista diversi.

L'ultimo Festival di Venezia, in cui è stato presentato Rec 2, è stato particolarmente attento a un genere come l’horror. Che ne pensate?
J. Balaguerò: Il genere non deve mai superare la definizione di film. Con questo voglio dire che esistono film di mille tipi. Film horror, film musicali, e così via. Ma si tratta sempre di film. Un festival è un festival di cinema, non di un certo tipo di cinema. È per questo che apprezzo il Festival di Venezia, perché non fa distinzioni. Il fatto di mettere un’etichetta di genere a un film serve soltanto per orientare il pubblico. Ma si tratta sempre di storie, e sempre di cinema. E in un festival tutti devono essere i benvenuti.

 


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