Le polemiche preventive che si sono scatenate intorno all’uscita de La prima linea di Renato De Maria, senza che nessuno lo avesse visto, si sgonfieranno probabilmente ora che il film è nelle sale, dopo che i diretti interessati hanno espresso le loro opinioni. Da un lato Sergio Segio, che dopo aver collaborato con attori e sceneggiatori durante la realizzazione del film, adesso se ne dissocia, dall’altro i parenti delle vittime (Marco Alessadrini, figlio del giudice ucciso il 29 gennaio del 1979, ha definito il film “superficiale, come superficiali erano quei terroristi degli Anni Settanta”). Infine la Lucky Red, che ha deciso di rinunciare ai finanziamenti pubblici per dare un taglio alle controversie.
Riccardo Scamarcio e Giovanna Mezzogiorno, nei ruoli di Segio e della sua compagna di lotta e di vita Susanna Ronconi, scongiurano con la loro convincente interpretazione il rischio di trasformare in eroi due terroristi colpevoli di terribili omicidi. Imbruttiti (per quanto possibile) e sottotono – anche l’azzurro dei loro occhi sembra spento – danno volto e voce alla storia di due tra i fondatori di Prima Linea, uniti in una lotta sbagliata e in un amore raggelante. Nel 1989 Segio si trova in carcere per scontare la propria pena. Attraverso una serie di flashback ripercorre gli anni della lotta armata intrecciandoli al rapporto con la Ronconi. Al centro della narrazione c’è il racconto dell’assalto al carcere di Rovigo avvenuto il 3 gennaio 1982 per liberare la sua compagna e altre tre terroriste. Scamarcio parla in camera e si capisce che ogni parola è stata pensata e pesata dagli sceneggiatori (Sandro Petraglia, Ivan Cotroneo e lo stesso De Maria) per evitare polveroni. E infatti, anche se ancora una volta per raccontare gli anni di piombo si è scelto il punto di vista dei terroristi (il film è tratto dal libro Miccia corta di Segio), La prima linea è lontano da ogni intento giustificazionista e assolutorio.
Polemiche a parte, l’impressione è che il film di De Maria, schiacciato dalla paura di non far arrabbiare nessuno, alla fine scontenti tutti. La contestualizzazione storica è ridotta ai minimi termini, limitandosi all’inserimento di alcuni filmati d’epoca, e i motivi della nascita dell’organizzazione – il passaggio “dalla forza della ragione alla ragione della forza” – vengono spiegati frettolosamente. La prima linea sembra così un film d’azione inframmezzato dal monologo di un terrorista dissociato in cui tutto suona forzato e obbligato, dalla presa di coscienza di Segio (“La mia responsabilità è politica, morale e giudiziaria: me le assumo tutte e tre”) al personaggio di Piero, che nella sua funzione di grillo parlante interpreta meccanicamente la totale presa di distanza del film dalle ragioni del terrorismo. “Siete la prima linea di un corteo che non c’è” è il suo ammonimento a Segio, ribadito graficamente dalla brutta locandina del film, un ibrido tra Il quarto stato di Pellizza da Volpedo e una sfilata di moda vintage, che contraddice in qualche misura le attenzioni anti-ammiccanti della pellicola. Si viene a creare così, nelle parole del monologo del protagonista come in alcune battute degli altri personaggi, una sorta di retorica della condanna (“Avevamo scambiato il tramonto per l’alba”) che risulta un po’ posticcia.
Raccontare un capitolo così buio, sofferto e doloroso della storia italiana è certo un’impresa legittima, ma non facile. Pochi ci hanno provato, e ancora meno sono quelli che ci sono riusciti. Colpire al cuore di Gianni Amelio aveva come centro narrativo il rapporto tra un padre e un figlio, eppure in ogni scena riuscivano a infiltrarsi profondamente il clima e i sentimenti degli anni del terrorismo. Buongiorno, notte di Marco Bellocchio ha letto il sequestro di Aldo Moro attraverso un punto di vista totalmente personale, quello della giovane carceriera del presidente della Democrazia Cristiana, trovando (senza cercarla) una propria verità per mezzo del sogno e dell’immaginazione. Laddove questi due film sono riusciti a raccontare la Storia attraverso una storia, La prima linea mira, forse troppo ambiziosamente, all'operazione inversa, ma la Storia di fatto non c’è perché non si percepisce e non si vede.
TITOLO ORIGINALE: La prima linea; REGIA: Renato De Maria; SCENEGGIATURA: Ivan Cotroneo, Renato De Maria, Sandro Petraglia, Fidel Signorile; FOTOGRAFIA: Gianfilippo Corticelli; MONTAGGIO: Marco Spoletini; MUSICA: Max Richter; PRODUZIONE: Italia; ANNO: 2009; DURATA: 96 min.
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