3 minuti solo 3 minuti per parlarti di me/forse basteranno a ricoprirti di bugie/come se io dovessi mostrar di me quello che ancora no…non sono stato mai
Voi da piccoli sognavate di fare l'arbitro o il calciatore? Cosa c'entra questo con La febbre? Lo capiremo presto. Il film è la storia di Mario, geometra con un sogno, quello di aprire un locale con gli amici. Mario ha talento, e un dono bellissimo: riesce a vedere al di là delle cose, le vede non per come sono, ma per come possono diventare. Siamo a Cremona, che vediamo spesso ripresa dall'alto (e capiremo perchè). Quando gli arriva una lettera di assunzione al comune accetta pur di coronare il suo sogno, ma dovrà scontrarsi con la burocrazia, la corruzione, il mobbing. Anche se incontrerà una ragazza che sembra "strappata da un manifesto"…
sei come vorrei che fossi io/amore mio/senza paure
Il nuovo, quasi pedagogico, film di D'Alatri parla di un'Italia che sembra uccidere sul nascere i sogni dei giovani, tarpare le ali di chi vuol provare a volare: è lei che ha la febbre. Un vecchio funzionario che sta per andare in pensione rimprovera Mario di mettere nel lavoro la propria passione, i propri sogni, la propria vita. Mentre dovrebbe lasciarli fuori, perché il lavoro è routine. Da bambini tutti vogliono fare i calciatori, ma nessuno l'arbitro. Ecco, Mario è un calciatore che è capitato in un posto da arbitri. Ed è destinato a scontrarsi con un ambiente che non premia chi è bravo ma chi accetta certe logiche. E rischia di non essere più se stesso.
e dimmi ancora quanto pesa la tua maschera di cera/tanto poi tu lo sai si scioglierà come neve al sole…mentre tutto scorre
D'Alatri ancora una volta riesce a parlarci di noi (in Casomai ci aveva detto tanto sull'amore e sulla vita di coppia), e sceglie una terza via tra il neo neorealismo nevrotico di Muccino e il melodramma catartico di Ozpetek: quello della commedia all'italiana, attualizzata. L'intelligente sceneggiatura mescola dialoghi realistici a battute simpatiche, come quelle che senti dagli amici al bar; e se l'interpretazione di Fabio Volo, come in Casomai, contribuisce a dare naturalezza alla storia, D'Alatri vi inserisce momenti onirici e surreali (l'incontro con il padre defunto, interpretato da Cochi Ponzoni, Volo che diventa una piccola figura di carta per posarsi sul corpo dell'amata, palesando una chiara suggestione da Parla con lei di Almodovar). Dona movimento al film con un montaggio estremamente creativo e originale, con pennellate di colore e gocce di caffè che irrompono sul fotogramma per legarlo alla sequenza successiva, e lo rende poetica col rock struggente dei Negramaro (loro i testi che corredano questo articolo).
La soluzione della vicenda arriverà dall'alto (ecco il perché delle inquadrature): non si tratterà di qualche angelo alla Frank Capra, ma di qualcosa di molto più concreto. D'Alatri sembra però pessimista nei confronti della vita sociale molto più di quanto sembra esserlo nei confronti dell'amore: il rifugio nel privato sembra essere l'unica soluzione. "Se devo farmi sfruttare da un sogno preferisco non averne".
in bilico tra tutti i miei vorrei/non sento più quell'insensata voglia di equilibri/ che mi lascia qui sul filo di un rasoio a disegnar capriole che a mezz'aria mai farò
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