Kill Bill (vol.2) PDF 
di Maurizio Ermisino   

La katana di Uma Thurman/Black Mamba ne aveva mietute di vittime, nel Volume 1. Ma ancora di più ne avevano mietute le forbici di Quentin Tarantino, tagliando in due il suo film, e costringendo il suo pubblico ad aspettare per mesi il seguito di questa storia avvincente. Kill Bill Vol. 2 arriva finalmente nelle sale, e la sete dei tarantinati è finalmente placata. La vendetta si compie, il cerchio si chiude. E la seconda parte del film si propone come la naturale conseguenza, il naturale complemento della prima.

La storia la sappiamo: Black Mamba, ex killer di una squadra (la Deadly Viper Assassinantion Squad), è vittima di una sparatoria il giorno del suo matrimonio. Ma rimane in vita, e dopo quattro anni di coma, si risveglia e decide di vendicarsi. Nel Volume 1 aveva eliminato già due donne della gang. Ora, prima dell'obiettivo finale, Bill (Carradine, che finalmente vediamo), le restano da eliminare Budd (un Michael Madsen ancora alle prese con sadiche torture dopo Le Iene) ed Elle Driver (la Daryl Hannah dall'occhio bendato).

Kill Bill Vol. 2 è un film dal ritmo più pacato rispetto al Volume 1: meno azione e più dialoghi. Tra cui uno straordinario monologo di Bill in cui ci spiega la vera natura di Black Mamba a base di metafore sui supereroi: pura cultura pop americana, quella che Tarantino sa maneggiare alla perfezione sin dal dialogo su Madonna ne Le Iene. Tarantino, grazie alla divisione in capitoli da romanzo, non rinuncia neanche qui ai suoi tipici salti temporali e ai giochi ad incastri nella narrazione.

Se la prima parte era un omaggio al cinema di kung-fu orientale, Kill Bill Vol. 2 cambia atmosfera, ed è una sorta di spaghetti western postmoderno. Del cinema di Sergio Leone, evocato dalle note di Morricone, ci sono i paesaggi desolati e sterminati in cui l'eroe, sempre solitario, sembra minuscolo, i primi piani sugli sguardi tesi dei protagonisti, le frasi lapidarie che precedono ogni sfida e la successiva esplosione di violenza. Violenza che, come nel cinema del maestro italiano, è sempre stilizzata, e come in ogni film di Tarantino, è sdrammatizzata dall'ironia (si pensi al dialogo tra Elle e Budd, o alla fine della stessa Elle).

Tarantino alterna un bianco e nero ricco di contrasti al colore, entrambi con i bianchi brillanti e carichi di luce; la fotografia più sgranata dell'episodio di Pai Mei, incursione nel cinema orientale di arti marziali (altro flashback apparentemente casuale ma decisivo per la vicenda), alla luce rossa del locale notturno dove lavora Budd. E ci regala una scena cult in cui Uma viene sepolta viva: con un'intuizione di grande cinema nega anche a noi la facoltà di vedere, lasciandoci al buio come la sua protagonista, e facendoci sentire il rumore della terra che cade a coprire la bara. Durante l'arco del film del resto riesce a sorprendere ad ogni scena, a tenere alta la suspense e la tensione, e nessuna scena è mai scontata, nemmeno il duello finale.
Tarantino si conferma un perfetto frullatore cinefilo, un abilissimo deejay di immagini, in grado di mixare i migliori ingredienti del cinema che ama, per farli diventare qualcosa di nuovo, diverso da tutto il resto. E uno straordinario creatore di icone: Uma Thurman in tuta gialla e katana e Daryl Hannah con benda sull'occhio sono diventate già immaginario collettivo, così come lo sono da tempo gli abiti neri de Le iene e dei killer di Pulp Fiction, o la stessa Thurman in caschetto nero alla Louise Brooks nello stesso film.

Nel suo cinema niente è casuale: la katana era già presente in Pulp Fiction, nell'episodio in cui Bruce Willis la usava per salvare Marcellus Wallace nel negozio di Zed; e Uma Thurman raccontava a John Travolta di aver girato un pilota per una serie tv su una squadra di ragazze combattenti, e la sua specialità erano proprio le lame affilate… E anche qui come all'inizio del Volume 1 ci rende partecipi della sua ossessione per i piedi della sua musa, quei piedi che per un massaggio avevano causato una morte in Pulp Fiction!

Kill Bill è un esplosivo cocktail di spaghetti western, kung-fu movie, gore e fumetto, servito con salsa pop e surrealista, una colossale opera di nobilitazione ipertecnologica del b-movie. Che però in questa seconda parte aggiunge sostanza alla forma, donando contenuto ed intensità ad un film che così non è più solo piacere visivo, compiacimento tecnico. E in un cinema che fin qui era tutto cinefilia, ironia, cinismo e freddezza fa il suo ingresso il sentimento. Osservate lo sguardo di Uma alla vista della figlioletta, l'amore con cui la stringe a sé, il complesso rapporto di amore e odio col suo pigmalione Bill, le sue lacrime a vendetta compiuta.

E osservate i titoli di coda, in cui Uma guida la sua auto (come la Pam Grier di Jackie Brown nel finale di quel film) mentre viene presentato il suo personaggio: ora non è più la Sposa, non è più Black Mamba, non è neanche solo Beatrix Kiddo (il suo vero nome). Ora, finalmente, è solo la Mamma.

 


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