Onora il padre e la madre PDF 
Matteo Marelli   

Famiglie! Vi odio!
(Andrè Gide)

Sidney Lumet con Onora il padre e la madre assale una delle realtà più solide, influenti e privilegiate della società statunitense, la famiglia bianca della media borghesia. La ritrae nel suo aspetto più terribile. Ci presenta il dolore, l’affanno, il trionfo della perfidia. Ad imporsi e a dominare è la violenza in un crescendo che non può essere arrestato. Il regista non indietreggia d’un passo di fronte agli aspetti più sgradevoli e meschini che covano all’interno di questo focolare chiuso, ne denuncia la cattiveria cosciente, a cui non ha da contrapporre alcun antidoto, intende solo descrivere la decadenza, andarne a caccia, farla vedere. La sua é solo una diagnosi, non vi é un solo imperativo volto al miglioramento.

Il registro che Lumet decide d’adottare per mettere in scena la distruzione della famiglia Hanson è quello della tragedia, una scelta quasi obbligata per raccontare la storia dei fratelli Andy ed Hank che per risolvere i loro problemi di natura economica decidono d’improvvisarsi rapinatori della gioielleria della propria famiglia. Secondo i classici canoni della tragedia le azioni, nonostante possano essere compiute in vista di un fine, non necessariamente lo ottengono e, talvolta, giungono perfino a conseguenze opposte a quelle desiderate. Come accade ai due fratelli, che dopo aver varcato il limite non possono fare altro che sperimentarne su sé stessi l’esito terrificante.

Lumet destruttura la vicenda, fa saltare lo sviluppo consequenziale, ci offre svariati punti vista tanti quanti sono i personaggi coinvolti. Lavora secondo la logica dell’addizione. Apre la narrazione direttamente con la sequenza della rapina senza darci nessuna informazioni a riguardo delle figure che ne sono implicate. Attraverso un gioco di andate e ritorni, sapientemente orchestrato, quanto visto all’inizio acquista un sempre maggior tragico spessore, la somma dei frammenti dà un colpo d’occhio sempre più chiaro e complesso sulla vicenda, emergono i nodosi rapporti che legano tra i personaggi, le forze in gioco, che non prevalgono l’una sull’altra, ma si annientano a vicenda.

Uno dei temi più gravi e misteriosi della tragedia è quello della predestinazione, secondo il quale sono i figli a pagare le colpe dei padri. Se i padri hanno peccato, i figli devono essere puniti. Lumet, con intelligenza acuta e drammatica, riesce, attraverso pochi gesti e parole sibilline, a farci intuire un passato di errori commessi dal padre causa di rancori che poi degenerati hanno innescato violente conseguenze.

Superbi tutti gli attori, in particolar modo i due fratelli, Andy, interpretato da Philip Seymour Hoffman, e Hank, interpretato da Ethan Hawke. Quest’ultimo soprattutto dimostra d’entrare anima e corpo nel proprio personaggio, un pavido, sempre in affanno, gravato da responsabilità economiche che non sa come gestire, incapace di farsi rispettare, che subisce passivamente le decisioni altrui quasi fosse incapace di replica. Hawke sa dare a questa figura la giusta angoscia, immaturità e senso di colpa. Onora il padre e la madre ci dice che il mondo è un brutto posto e che le famiglie non sono esenti da colpe.

 


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