Un amore di gioventù PDF 
Edoardo Peretti   

Un amore di gioventù della francese Mia Hansen-Løve fa venire in mente, sotto molti aspetti, un altro film transalpino recentemente passato nelle sale italiane, il bellissimo La guerra è dichiarata di Valerie Donzelli. Non fosse altro per il fatto che entrambi cercano di attuare una ricerca stilistica che fa riferimento al lume tutelare della nouvelle vague, e in particolare di François Truffaut. In tutti e due i casi, infatti, l’autore de I 400 colpi ritorna in echi più o meno diretti e in citazioni più o meno evidenti del suo cinema, così come si ritrova il suo spirito nella volontà di entrambi i film di descrivere un sentimento totalizzante ed estremista. Se la Donzelli, però, è riuscita benissimo nell’intento di aggiornare i canoni e di produrre un’estetica che andasse molto oltre la fotocopia e il riferimento esibito, anzi rinnovandolo e ottenendo anche un notevole impatto emotivo, Mia Hansen-Løve, pur non girando un’opera disprezzabile, è arrivata più lontana dal traguardo. Un amore di gioventù merita a livello stilistico e per il modo in cui cerca di rappresentare i sentimenti dei protagonisti, ma soffre del fatto di apparire troppo studiato e compiaciuto, mostrandosi scialbo a livello empatico e delle sensazioni trasmesse. Presenta un po’ il difetto attribuito dal luogo comune a un certo tipo di cinema francese: quello di essere raffinatamente freddo, palesemente accademico e un po’ snob. E come un certo modo di fare cinema francese, intende essere allo stesso tempo minimalista negli argomenti trattati e poetico ed etereo nelle atmosfere descritte e nei toni usati.

Protagonista è la quindicenne parigina Camilla (Lola Créton), irrimediabilmente innamorata di Sullivan, ragazzo di qualche anno più grande. L’amore di lei è totalizzante e soffocante, praticamente un’ossessione che cancella ogni altro aspetto della vita. Sullivan, per quanto sinceramente affezionato, prova invece un affetto più maturo e distaccato. Sua ferrea volontà è partire per un viaggio in Sud America di quasi un anno, alla ricerca di se stesso e del senso della vita. La relazione tra i due non sopravvive alla distanza, e la sua fine manda letteralmente a terra la già fragile ragazza, la quale arriva anche a sfiorare il suicidio. Ritroviamo Camille qualche anno dopo, studentessa di architettura all’Università; il pensiero fisso sull’amato sembra essere stato sostituito dalla passione per l’architettura e da una relazione sempre più intensa con un professore. L'equilibrio apparentemente ritrovato viene però messo a dura prova dalla riapparizione di Sullivan, fantasma che riaccende il fuoco di una passione mai davvero sopita. Questa ossessione lancinante, frutto di un amor fou che ricorda i rovelli e la malinconia dei trovatori della poesia provenzale, è raccontata aderendo totalmente allo sguardo di Camille, sempre in scena, con il cui punto di vista il film coincide totalmente. La giovane è pedinata nelle sue crisi, nei suoi scoramenti, nelle sue apparenti risalite, accompagnata da una colonna sonora che sottolinea alcuni momenti emblematici per le sensazioni provate dalla protagonista. L’autrice è brava ad alternare ellissi narrative con altri momenti allungati e insistiti, così come è abile nel dare un valore significante agli ambienti, a quelli parigini come ai prati della campagna e alle opere architettoniche scandinave, e alle loro luci. Tutto, nel filmico come nel profilmico, sembra condizionato da ciò che prova Camille, tutto sembra visto come un’emanazione dei suoi stati d’animo.

Un film d’amore, quindi, nel senso più puro e radicale della parola, con i condizionamenti esterni ridotti al minimo. Proprio come in molti film di Truffaut, che, come si diceva, è il riferimento principale a cui la regista si affida: c’è la disperazione di Adele H., c’è l’ossessione de La  ragazza della porta accanto, c’è Jules e Jim, più volte direttamente citato, con la rappresentazione del volto di una statua arcaica. L’alone truffatiano è costante, fino a diventare un po’ invadente. Il problema del film è proprio questo: non riuscire a rinnovare il modello di partenza, ad aggiungere qualcosa di sostanziale, rimanendo così nell’ambito del freddo accademismo, interessante ma poco coinvolgente.

Titolo originale: Un amour de jeunesse; Regia: Mia Hansen-Løve; Sceneggiatura: Mia Hansen-Løve; Fotografia: Stéphane Fontaine; Montaggio: Marion Monnier; Scenografia: Mathieu Menut; Costumi: Bethsabée Dreyfus; Produzione: Les Films Pelléas, Razor Film Produktion GmbH, arte France Cinéma, WDR/Arte, Rhône-Alpes Cinéma, Jouror Productions, Arte France, Canal+, CinéCinéma, Centre National de la Cinématographie, Filmförderungsanstalt, Medienboard Berlin-Brandenburg, Région Ile-de-France, Région Rhône-Alpes, Cinémage 5, Cofimage 22; Distribuzione: Teodora Film; Durata: 110 min.; Origine: Francia/Germania, 2011

 


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