Blow up PDF 
Andrea Chimento   

Un giovane fotografo di moda scopre accidentalmente un omicidio fotografando una coppia in un parco londinese. Forse è tutto frutto della sua immaginazione. Oppure no? Così si potrebbe riassumere Blow-up, capolavoro sull’essere e il non essere, che stupisce ancora, a 40 anni dall’uscita, per le tematiche e i risvolti metafisici.

Il primo elemento da evidenziare è la Swinging London anni ’60, che incornicia il film dall’inizio alla fine. La musica degli Yardbirds, il mondo della moda, i vestiti e le pettinature ci proiettano nella capitale inglese di quel periodo. Antonioni ci mostra tutti gli aspetti più caratterizzanti di quello spazio e di quel tempo: le manifestazioni per la pace, i festini a base di droga, le bellissime donne, dalla modella Veruschka alla futura diva Jane Birkin. Questo mondo viene attraversato e ritratto dal fotografo Thomas.  Proprio la fotografia è il secondo elemento forte che domina in Blow-up. Almeno due le sequenze da sottolineare: Thomas che, in un momento di grande foga, ritrae con la sua macchina Veruschka arrivando persino a mimare un rapporto sessuale e che poi, nel silenzio del parco, ritrae una coppia prima di scoprire che quella pace potrebbe nascondere un segreto inconfessabile.

Blow-up è, però, anche un film di Antonioni. E lo è pienamente. I silenzi e le passeggiate solitarie del protagonista ci rimandano all’isola de L’avventura e alla solitudine di Deserto rosso. Il tema dell’alienazione è centrale: l’uomo in una società che non riesce a capirlo e che lui non capisce, si sente solo e ogni relazione umana sembra impossibile.  David Hemmings è molto più simile alla Monica Vitti de L’eclisse di quanto possa sembrare a prima vista: al concerto lotta per un pezzo di chitarra che, ottenuto, viene gettato via; nel celebre monologo: «Io e lei siamo sposati…anzi no, abbiamo solo bambini. No, ...non abbiamo neanche dei bambini... però con lei si sta bene... anzi no, si sta male» mostra la difficoltà del rapporto con la compagna. Infine, fondamentale è il tema della metafisica e del rapporto tra realtà e finzione, vero punto cardine del film. Man mano che ingrandisce le fotografie del parco (blow-up, in questo caso, significa ingrandire le fotografie), meno riesce a soddisfare la propria curiosità. Più guarda da vicino e meno riesce a “vedere” ciò che ha davanti

Antonioni sembra voler riflettere sull’alienazione che può nascere dalla fotografia,e, quindi, anche dal cinema, suo medium discendente. Nella sequenza (registicamente) paradisiaca, in cui Thomas è solo in casa e sta contemplando le immagini, noi stessi (come lui) cerchiamo così ossessivamente qualcosa da riuscire addirittura a vederlo, anche se in realtà non c’è nulla. Quella pistola e quel cadavere che il protagonista riesce a/si immagina di vedere non sono altro che una proiezione della nostra stessa volontà inconscia che cerca di soddisfare la sempre più impellente curiosità di trovare qualcosa di strano in quelle immagini che, in realtà, non hanno nulla da nascondere. Questa riflessione diventa ancora più profonda in uno dei più grandi finali della storia del cinema: la fantasia e l’immaginazione sono più forti della verità e riescono a superarla anche quando sembrano ormai sconfitti. Antonioni, forse, vuole suggerirci che la sfida realismo-finzione finisce a vantaggio della prima solo nella vita di tutti i giorni, mentre nel cinema è la finzione a vincere e così rimarrà per sempre. Ma, in fondo, potrebbe anche essere il contrario. Potrebbe essere la vita stessa un sogno e viverla sarebbe come giocare una partita a tennis senza racchette e senza palle.

 


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