Buoni i presupposti, l'interpretazione e la scelta del sonoro, ma completamente sbagliati i dialoghi. Un giudizio sommario, probabilmente. Ma capace di restituire ciò che si “sente” guardando l'ultima fatica di Scott Derrickson, Sinister. Fare un film horror è oggi una scelta ardita. Il genere è abusato, inflazionato e in alcuni casi “violentato”; spesso errano anche i grandi registi del genere che, in preda alla mancanza di ispirazione, finiscono per riciclare sé stessi. Ed è anche un genere la cui fruizione da parte del pubblico è intrisa di grandi aspettative: la gente si posiziona davanti al grande schermo bramando di avere paura e la vuole provare sentendo e vedendo cose inedite. Non si può dire che Sinister non abbia provato a restituire e soddisfare questo obiettivo. Tanti gli espedienti a cui Derrickson ricorre per amplificare il pathos. Come la scelta del sonoro, che “esplode” per creare l'effetto “salto sulla poltrona”. Il gioco di luci (non particolarmente acuto, ma pur sempre studiato) segue la classica evoluzione di una trama concitata e di trepidazione. Ma la costruzione della storia difetta; difettano sopratutto i dialoghi: troppo semplici, tanto da dare l'impressione di averli già sentiti, riproponendo al nostro sguardo uditivo dei cliché che non sempre apprezziamo ripercorrere. E che la trama faccia acqua lo dimostra l'innesto emotivo, umano, che vede il protagonista sì concentrato nella “risoluzione” di casi di cronaca nera del passato, ma anche immerso nella propria ossessione di successo. Pronto a sfidare il “paranormale” piuttosto che abbandonare l'obiettivo di riconquistare il successo che fu quando ancora era uno scrittore alla ribalta.
Ellison Oswalt, scrittore di storie vere di cronaca nera, divenuto celebre dieci anni prima con il libro Kentucky Blood, ma ormai scivolato nell'anonimato, alla ricerca di un nuovo successo, si trasferisce con la propria famiglia nella casa dove solo un anno prima è avvenuto un terribile omicidio di cui vorrebbe scrivere: la morte per impiccagione di quattro membri della famiglia Stevenson e la scomparsa della figlia più piccola, Stephanie. Ma nella sua ricerca Ellison (interpretato da uno straordinario Ethan Hawke) si imbatte in qualcosa di più grande di quanto avesse preventivato: una serie di omicidi con un legame nel tempo e nelle modalità. E lo fa avvalendosi di un proiettore, con il quale riproduce una serie di super 8 ritrovati in soffitta che testimoniano gli efferati omicidi e nei quali si intravede (scoprirà nella ricerca) una misteriosa figura demoniaca. La paura di Ellison, così, comincia a mischiarsi alla consapevolezza di avere tra le mani l'occasione della sua vita, l'occasione di raccontare e scrivere il romanzo che lo riporterà alla ribalta della scena letteraria. E così prosegue, temerariamente, la sua indagine, nascondendo alla consorte la verità sulla casa in cui si trovano e rischiando di compromettere anche la sua stessa psiche. Senza Hawke credo si possa dire che niente sarebbe riuscito: la sua capacità di passare dallo sfacciato alla depressione da stress è encomiabile. Ed è Hawke il vero fiore all'occhiello dell'intera pellicola. Peccato che la macchina da presa abbia seguito movimenti meno “intimistici” di quanto ci si sarebbe aspettato: probabilmente qualche soggettiva in più non sarebbe guastata, specie quando Ellison, pur non credendo affatto al paranormale, finisce col subire l'atmosfera inquietante che grava sulla casa e percepisce presenze sovrannaturali. Poi la trama corregge il tiro, quando Ellison, dopo aver visto in soffitta i bambini scomparsi, distrugge i super8 e scappa per ritornare a casa. Ma è troppo tardi per la salvezza: lo scrittore proiettando i super8 ha permesso che quelle immagini creassero una porta di accesso per il “demone omicida” e portando la propria famiglia nella casa degli Stevenson l'ha involontariamente inserita in una sequenza di morte perché gli omicidi sono collegati dal fatto che ogni famiglia ha vissuto nella casa dov'è avvenuto il delitto precedente. Ci sarà così una nuova sanguinosa bobina, con protagonisti proprio Ellison, sua moglie e il figlio, ma non la figlia minore Ashley; una nuova pellicola che attende le prossime vittime.
Il genere horror lo abbiamo sicuramente assaporato; nella parte finale della pellicola forse abbiamo percepito anche uno spunto tipico del thriller. Ma si sarebbe potuto fare di meglio, lavorando e valorizzando maggiormente la scrittura cinematografica.
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