Due fratelli, Andy (Philip Seymour Hoffmann) e Hank (Ethan Hawke), insoddisfatti dei propri guadagni e in preda a crisi esistenziali di varia natura, mettono in atto un piano tanto semplice quanto apparentemente perfetto per risollevare la situazione di entrambi: rapinare in modo non violento la gioielleria di famiglia, intascare il ricavato della refurtiva e liberare la propria coscienza col pensiero che i genitori saranno presto risarciti dall'assicurazione. Il più giovane dei due, Hank, inizia a nutrire qualche timore e ingaggia come complice nell'operazione un balordo che farà precipitare la situazione.
“È meglio arrivare in paradiso mezz’ora prima che il diavolo si accorga che siamo morti”. Così recita un detto cattolico irlandese che ha ispirato il titolo originale del film, Before The Devil Knows You're Dead. Un detto popolare che ha insite tutte le premesse di quest’opera – potente, cinica, devastante – del grande Sidney Lumet (Serpico, Quel pomeriggio di un giorno da cani, tra i titoli più celebri della sua filmografia): tutti gli esseri umani sono peccatori. Perché tutti gli esseri umani nascono e muoiono in una solitaria disperazione che nell’universalità della condizione emette il suo urlo più lancinante e violento. Andy ed Hank, così come Gina o Charles, sono tutti attori della stessa tragedia che mischia il bianco e il nero, le luci e le ombre. Sidney Lumet a più riprese costruisce e distrugge piani narrativi, struttura e destruttura la materia filmica, a partire da quell’incipit in medias res, come a ricordare che si nasce e si combatte sin dal primo istante, in un continuo rewind e fast-forward su cui si costruiscono le scelte dell’uomo e che artisticamente non lascia un attimo di respiro allo spettatore, costretto ad inseguire i personaggi nella loro inesorabile discesa nel dramma. Onora il padre e la madre, che senza ombra di dubbio possiamo annoverare tra i capolavori di quest’autore, è un film totale e totalizzante in cui i poli opposti, la paura e l’orgoglio, sono in costante conflittualità, divisi – di più, mossi – da quella disperazione che ne è il leitmotiv. L’occhio del regista è lento, distaccato, persino impietoso nel proporci a ogni ripresa un punto di vista diverso per ogni protagonista della vicenda, una pluralità di voci e sentimenti condizionati però da un unico flusso di eventi che travolgerà con lo stesso impeto il bello e il meno bello, l’ingenuo e l’esperto, il santo e il peccatore. Delitto e castigo. Un Lumet che a ottantatre anni continua ad essere, come in passato, poco incline all’indulgenza e alla comprensione, non assolvendo e neppure salvando alcuno dei protagonisti di questa moderna tragedia shakespeariana – quasi senza unità di tempo e di luogo –, di cui colpisce la magistrale lucidità nel descrivere i mutamenti della società, soprattutto in riferimento al crollo dei valori morali e al parallelo disgregamento della famiglia. I legami sono come i sassolini che in una scena del film Andy rovescia su un tavolo: tanti, troppi, a sé stanti, senza una forma precisa, come frammenti impazziti di esistenza che rotolano sullo spazio (in)finito di una fragile superficie di cristallo. E se nella prima frazione del film la natura non lineare e a-ritmica (eccezion fatta, come si diceva, per l’esordio) allenta in qualche modo la tensione conferendo troppo respiro alla situazione, la seconda parte si rivela asfissiante, anche per merito del cast artistico, con un Hawke finalmente in splendida forma e un Hoffmann straordinario come (quasi) sempre accade. Il senso escatologico del peccato sembra saturare ogni singola inquadratura, ogni singola espressione, rendendo allo spettatore il ritratto di una natura imperfetta, senza possibilità di scampo: la natura umana. TITOLO ORIGINALE: Before the Devil Knows You’re Dead; REGIA: Sidney Lumet; SCENEGGIATURA: Kelly Masterson; FOTOGRAFIA: Ron Fortunato; MONTAGGIO: Tom Swartwout; MUSICA: Carter Burwell; PRODUZIONE: USA; ANNO: 2007; DURATA: 123 min.
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