E invecchio, sempre molte cose imparando.
(Solone)

Una storia vera è un film incredibilmente insolito per David Lynch, nel quale del suo caos, delle sue ossessioni visionarie e di uno stile visivo e narrativo spregiudicato rimangono solo pochi frammenti, per altro inseriti con estrema precisione in una struttura solida e lineare. Forse per questo Una storia vera è il suo film più complesso, intorno al quale è quasi impossibile dire qualcosa di concentrato perché ogni suo attimo, ogni singola inquadratura, dischiude vite e apre mondi. Non c’è infatti nulla di più difficile del raccontare una storia normale, che ha una direzione precisa e in cui niente si situa fuori dal controllo del narratore, che non si chiuda su se stessa e chiuda gli orizzonti ma, anzi, lasci spazio a prospettive ampie quanto una volta di stelle. Se nel disordine e nella confusione si possono sempre trovare - talvolta per gratificare il proprio ego di interprete - profondità e senso, nei racconti piani e ordinati, invece, nella loro manifesta evidenza, nulla sfugge e quindi nulla si può perdonare.

È di una difficoltà enorme quindi saper restituire la complessità per mezzo di strutture convenzionali senza apparire banali, scontati e retorici. È di una difficoltà enorme saper raccontare l’immensità mistica e terrena di una vita qualunque eppure straordinaria, attraverso una piccola storia fatta di piccoli gesti. In fondo Una storia vera è solo il racconto di un breve viaggio, poco meno di 400 chilometri, poco più di mezza giornata di macchina, e tuttavia ha una potenza immensa; la potenza di un’epica ordinaria. E non solo perché Alvin Straight, il protagonista, decide di compiere il suo tragitto a bordo di un vecchio tagliaerba impiegandoci una quarantina di giorni. La sua destinazione è la casa del fratello, colpito da un infarto, che non vede da anni dopo una lite della quale non ricorda più nemmeno il motivo; la cui ragione è forse la vita stessa, che spesso fa perdere di vista ciò che davvero è importante. Imparare ciò che è importante e lasciar correre ciò che non lo è, invecchiare significa questo, Alvin lo sa, ha già visto molto, quasi tutto, eppure sa anche che si può ancora imparare dalle cose che ci accadono.

Per farlo, per espiare le colpe piccole e grandi che ognuno accumula nella propria vita, per godersi una birra dopo essere usciti da un doloroso alcolismo durato decenni, Alvin deve compiere il suo viaggio con i suoi mezzi e con se stesso. Solo così potrà apprendere ancora dal mondo e dagli altri, e anche insegnare qualcosa a chi deve ancora percorrere un lungo tratto di strada nell’unico modo che non sia autoritario e disonesto; mostrando cioè le cicatrici di lezioni radicate nel sangue e nella carne. E potrà così raggiungere suo fratello davvero pronto a incontrarlo e a vagare con lui tra le stelle senza che ci sia bisogno di dire nulla. Solo trovando un senso profondo nelle  piccolezze delle nostre esistenze qualunque, scoprendo una legge morale che sia radicata nella pratica della quotidianità, potremo accedere ai cieli stellati che stanno sopra di noi. Cartografie di una terra sulla quale dobbiamo capire come, umanamente, orientarci.

Titolo originale: The Straight Story; Regia: David Lynch; Sceneggiatura: John Roach, Mary Sweeney; Fotografia: Freddie Francis; Montaggio: Mary Sweeney; Scenografia: Jack Fisk; Costumi: Patricia Norris; Musiche: Angelo Badalamenti; Produzione: Asymmetrical Productions, Canal+, Channel Four Films, CiBy 2000, Les Films Alain Sarde, Studio Canal, The Picture Factory, The Straight Story Inc., Walt Disney Pictures; Distribuzione: BIM; Durata: 112 min.; Origine: Francia/UK/USA, 1999