Zavattini e Fellini: due estetiche a confronto PDF 
Francesco Di Benedetto   
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Zavattini e Fellini: due estetiche a confronto
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A Zavattini, in particolare, il cinema appare quale terreno possibile di un incontro fra la soggettività di chi guida l'occhio della macchina da presa e l'oggettività di tutto ciò che si trova di fronte a questa. La prima opererà nel segno dell'analisi, dell'interrogazione dell'alterità di volta in volta messa a fuoco dall'obiettivo della macchina da presa, in una tensione conoscitiva che, stanti l'afflato viscerale e la carica umana impliciti nell'operazione, acquisterà i tratti di una vera e propria unione carnale con l'altro; un'unione, questa, improntata tendenzialmente a un atteggiamento di rispetto, apertura, accettazione da parte del soggetto che guida lo sguardo della macchina da presa, nei confronti dell'oggetto materiale della conoscenza, delle cose o degli uomini di volta in volta oggetto dello sguardo. L'intervento autoriale inscritto all'interno del gesto cinematografico non potrà dunque più essere rintracciato nella configurazione di uno schema astratto di pensiero atto a sua volta a configurare e a definire preventivamente l'alterità oggetto dello sguardo della macchina da presa, ma si calerà in una dimensione dialettica, di rapporto con l'altro da sé i cui termini (soggettività e oggettività) giocheranno, entrambi, il loro ruolo; il risultato di questa dialettica sarà comunque impregnato di autorialità, si configurerà comunque quale atto d'interpretazione piuttosto che di mera registrazione della realtà: la soggettività dell'autore si sarà esplicata infatti nella scelta delle domande da porre al profilmico, nelle direzioni di sguardo da proporre allo spettatore, nonché nella tensione affettiva inerente a queste operazioni; d'altra parte l'elemento "oggettivo" troverà spazio, sia pur tendenzialmente, all'interno dell'opera filmica, proprio in virtù di questa disponibilità autoriale, inscritta all'interno del procedimento di realizzazione del film, all'incontro e all'interesse nei confronti dei materiali della realtà, disponibilità che necessariamente si sostanzierà in un rinvio, in un afflato, in una tensione emozionale diretta a questi materiali, implicita all'interno del testo filmico.

Zavattini individua poi varie garanzie idonee ad assicurare una piena operatività del medium quale terreno fertile di incontro e di dialettica fra l'io autoriale e l'alterità oggetto di osservazione e di indagine da parte di chi guida l'occhio della macchina da presa; garanzie, queste, prevalentemente dirette a evitare una subalternità degli elementi oggettivi della dialettica ad una soggettività avulsa dal contesto effettuale degli stessi, e dunque astratta. Distinguerei due ordini di garanzie: garanzie mediologiche ovvero inerenti alla natura, alle caratteristiche peculiari del medium cinematografico, e garanzie pratico-operative, inerenti all'uso che del mezzo si fa. Quanto alle prime si legge in "Neorealismo ecc.", "la macchina (da presa) ha "tutto davanti", e vede le cose e non il concetto delle cose, ci aiuta almeno in questo senso". La priorità logica attribuita dal medium alla fisicità delle cose, alla fisicità dei corpi oggetto dello sguardo della macchina da presa rispetto ad ogni operatività strutturante nei confronti del mondo da parte del pensiero, viene dunque evidenziata in relazione alle peculiarità di un medium che si connota essenzialmente nell'essere sguardo, proposizione di uno sguardo. Se è vero che ci si imbatte prima nelle "cose" piuttosto che nei "concetti" delle stesse, già di per sé il medium ci preserverebbe, nella relativa pratica, dalle tentazioni di una completa soggezione delle prime ai secondi. La macchina da presa ha "tutto davanti" e dunque il cinema è un'arte della presenza: implica una relazione con un'alterità, il profilmico, fisicamente contigua e presente nel momento stesso dell'espressione; contiguità e presenza delle cose oggetto dello sguardo della macchina da presa non impediranno certo l'operatività dei filtri soggettivi dello sguardo dell'autore all'interno della pratica del medium, ma ne ridurranno almeno la portata violatrice, trasfigurante nei confronti delle cose. In questo senso, per Zavattini, il cinema è un medium molto lontano dalla letteratura, mezzo di espre ssione che implica a sua volta una relazione con un oggetto, ciò di cui si scrive, assente nel momento stesso della scrittura ed ascrivibile alla sfera della virtualità o del passato.


 


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