Miral è il nome di un fiore rosso che cresce ai bordi delle strade in Medioriente. Nasce, cresce, resiste e sboccia illuminando le vie col suo colore acceso. Resiste alle intemperie, ai bombardamenti, alla polvere. E sboccia. Proprio come Miral, la protagonista dell’ultimo film di Julian Schnabel, tratto dal romanzo della giornalista Rula Jebreal La strada dei fiori di Miral, una ragazza palestinese che riesce, nonostante il conflitto bellico che squarcia il suo Paese e la morte precoce della madre, ad emergere, a nascere, a realizzarsi studiando e diventando una giornalista di fama internazionale. E questa storia Schnabel la racconta minuziosamente, per filo e per segno, con uno zelo simile a quello di un pittore (quale è) intento a dipingere un dettaglio sulla tela: lo fa non solo ripercorrendo per immagini la vita di Miral, dalla sua nascita fino alla sua maturazione, alla sua emigrazione, alla sua realizzazione professionale, ma anche quella delle donne che hanno inciso sulla sua vita, sulla sua formazione, sul suo essere donna.
La prima parte della pellicola si sviluppa in quadri, ognuno dei quali è dedicato ad una di queste donne: a partire da Hind Hussein, che nel 1948 raccolse migliaia di orfani dalla strada e decise di dar vita all’Istituto Al-Tifi Al-Arabi, nel quale molti anni dopo Miral sarà cresciuta ed educata; passando per Nadia, la madre di Miral, prima bambina violata dal padre, poi spogliarellista in un locale, alcolista cronica e suicida; e successivamente per Fatima, la zia di Miral, attivista politica per i diritti della Palestina e compagna di cella di Nadia; e giungendo, infine, a Miral, cui è ovviamente dedicato l’ultimo quadro, che da solo costituisce di fatto tutta la seconda metà del film, assai più lineare, narrativamente e ritmicamente parlando, della prima. E forse è proprio questo cambio di ritmo nella regia e nel modus narrandi tra la prima e la seconda parte della pellicola ciò che contemporaneamente affascina e disturba lo spettatore. Perché se da una parte si resta colpiti da questo seguire il personaggio principale della vicenda da prima della sua nascita, in un flusso temporale così discontinuo e alternato, dall’altra si resta anche delusi da questa variazione ritmica, perché, in fondo, ci si aspetterebbe che la seconda parte seguisse lo stesso identico ritmo della prima, senza soluzione di continuità. E invece Schnabel opta per una linearità narrativa e cronologica, probabilmente per mantenersi fedele al romanzo, che la stessa autrice, Rula Jebreal, ora compagna del regista, ha trasformato in una sceneggiatura aderentissima al libro, ma forse non troppo “registica”, cinematografica, immaginifica. Una sceneggiatura che segue così da vicino l’ordine cronologico degli eventi, senza grosse ellissi e salti narrativi, da tarpare le ali all’estro creativo, alla visionarietà del regista de Lo scafandro e la farfalla, ovattandone la potenza espressiva e catartica.
Potenza che però si riconosce e si ritrova man mano che Schnabel segue la sua giovane protagonista nella foga tipica della sua età, nella rabbia che si porta dentro per non aver avuto una madre, per il distacco dall’amato padre, per la violenza che vede nelle strade, nelle contraddizioni dell’amore e dell’amicizia, nel conflitto tra l’interesse personale e quello collettivo. Qui Schnabel si riconosce, ne riconosciamo il pathos che, come nel suo precedente capolavoro, sempre si accompagna alle immagini. Tuttavia, c’è qualcosa che stona, che opprime, che rende le emozioni meno dirompenti: un anello debole dell’ingranaggio che fa di questo ultimo film di Schnabel un’opera più piana, più lemme, più diluita. Un’opera in cui le emozioni raramente raggiungono dei picchi, ma si spalmano, al contrario, per tutto il film. Miral resta comunque un bel film, dove un plauso speciale va certamente al cast, interamente formato da star internazionali del calibro di Vanessa Redgrave e Willem Dafoe, e in particolare alla protagonista, Freida Pinto, già scelta da Danny Boyle per The Millionaire, bellissima e spontanea. Continueremo a sentirne parlare.
TITOLO ORIGINALE: Miral; REGIA: Julian Schnabel; SCENEGGIATURA: Julian Schnabel; FOTOGRAFIA: Eric Gautier; MONTAGGIO: Juliette Welfling; MUSICA: Laurie Anderson; PRODUZIONE: Gran Bretagna/Francia/Israele; ANNO: 2010; DURATA: 112 min.
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